Prato: il lunedì cinese di un avvocato italiano

Il lunedì mattina non è tra i miei momenti preferiti, prima di infilarmi nel traffico faccio colazione e do uno sguardo alle notizie: Lastra a Signa, un “signore” cinese ha discusso con il proprio datore di lavoro, anch’egli cinese (ovviamente, con noi che li ospitiamo di socializzare non ne vogliono sapere) – del resto gli diamo una terra (la nostra) e li lasciamo fare comodamente come gli pare, mentre noi ci castriamo con regole sempre più asfissianti ogni giorno che passa; loro fanno i quattrini e noi scivoliamo nella povertà, non li biasimo se non hanno voglia di legare con un branco di fessi.

Insomma stavo dicendo, apro un quotidiano e mentre mangiucchio, leggo che il dipendente dagli occhi a mandorla ha deciso di spiegare le proprie ragioni al datore di lavoro. A colpi di mannaia. 

Uno è finito in galera (per poco di sicuro), l’altro all’ospedale con diverse nuove fessure che il connazionale gli ha gentilmente aperto in varie parti del corpo. Penso che i cinesi hanno la lama facile, che con noi non si mischiano, e che quindi tutta questa faccenda non è che poi mi riguardi granché. 

Peccato, però, che questo benedetto lunedì mattina mi tocchi andare alla Procura della Repubblica, a Prato. 

Uscito al casello Prato Est mi metto buono buono in coda nel traffico, non ho nulla da fare, mi guardo intorno – tre secondi mi sento un pezzente italiano in Cina, l’auto più vecchia sarà uscita dalla concessionaria da un mese, la più piccola sarà lunga 5 metri e di italiani nemmeno l’ombra. Mi sento una minoranza etnica. 

Comunque ho fretta, come sempre sono in ritardo, ma per fortuna in tempo, ho guardato sul sito del Tribunale di Plato gli orari delle cancellerie, mica sono nato ieri. Parcheggio davanti al Palazzo di Giustizia. Uno schifo di edificio grigio che casca a pezzi, all’ingresso un pennone con la bandiera italiana, a brandelli, lurida e vecchia, sembra il pene floscio di un ottuagenario, entro, chiedo al box informazioni dove devo andare:  da nessuna parte, se ne può tornare a casa avvocato, la cancelleria ha chiuso un’ora fa – mi dice una guardia giurata dalla pancia strabordande e l’aria saccente. Abbia pazienza ho guardato gli orari sul sito, protesto. 

Non l’avranno aggiornato, mi fa eco lui guardandomi come se fossi un perfetto idiota che pensa addirittura di poter guardare gli orari della Pubblica amministrazione sul sito della Pubblica amministrazione.

Torno alla macchina, mi volto verso il Tribunale, guardo quello stracetto lacero e annerito che tenta inutilmente di sventolare, poi volto lo sguardo alla strada, cinesi sfrecciano a bordo di Suv scintillanti da tutte le parti. 

Mi sa che abbiamo sbagliato tutto. Speriamo non sia troppo tardi.

 

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