Novantanove anni fa avveniva la marcia su Roma

99 anni

Novantanove anni fa ebbe luogo l’avvenimento che passò alla storia come la rivoluzione fascista: la marcia su Roma. Da dove si iniziavano a contare gli anni, scolpiti in numeri romani, su molti edifici realizzati nel nostro paese con le iniziali a fianco EF (era fascista). Il giorno che durante il regime veniva festeggiato come l’anniversario della rivoluzione.

In realtà si tratta di una rivoluzione estremamente anomala. Benito Mussolini arriva a Roma con un telegramma di Vittorio Emanuele III. Che era Re d’Italia e quindi Capo dello Stato. E che lo invitava a formare il nuovo governo.

La debole resistenza del governo Facta venne stroncata dall’ostilità del sovrano ad accettare lo Stato d’assedio e la decisione di permettere l’insediamento del governo guidato da quello che sarebbe divenuto il Duce del Fascismo.

Ma Mussolini il 28 ottobre 1922 prese la guida di un governo istituzionale.

Il primo governo Mussolini

La responsabilità della monarchia nella fine dello Stato liberale, non può essere negata dalla favoletta secondo la quale le camicie nere imposero la dittatura.

Nessuno può credere realmente al fatto che le poche e disorganizzate squadre d’azione avrebbero avuto ragione delle Forze Armate e dei carabinieri perfettamente preponderanti e meglio equipaggiati ed armati. Facendo delle aule parlamentar un bivacco.

Se il Re avesse voluto, avrebbe potuto sbaragliare le squadre fasciste in poche ore. In realtà 99 anni fa iniziava un governo che partì istituzionalmente. E dove i fascisti erano una netta minoranza, rispetto all’intera compagine governativa.

Tale governo si inseriva in un momento di crisi profonda dello Stato liberale, che avrebbe portato di lì ad alcuni anni alle modifiche istituzionali sfociate nel regime.

La democrazia liberale si suicidò, perché schiava di un parlamento incapace di creare governi stabili. Perché i partiti del tempo si combattevano costantemente tra loro destabilizzando il paese. E perché gli anni del biennio rosso furono visti con particolare terrore e pericolosi, visto quanto accaduto in Russia tre anni prima, da grossa parte della borghesia ma anche dei cattolici che riposero nelle squadre d’azione la speranza di trovare un argine alla bolscevizzazione del paese.

Ed anche perché il vituperato ed obsoleto Statuto Albertino. Non riusciva più a tenere in piedi un paese che aveva bisogno di riforme importanti, mette e decise.

Lucidissimo in questo come sempre Indro Montanelli che, a commento di questi fatti, rispose: “le democrazie non vengono uccise, si suicidano poi da sempre la colpa a chi le ha seppellite”.

 

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