• Politica
  • Attualità
  • Cultura
  • Cronaca
  • Relax
  • Sport
oAdHoc News Quotidian
  • Politica
  • Attualità
  • Cultura
  • Cronaca
  • Relax
  • Sport
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
  • Politica
  • Attualità
  • Cultura
  • Cronaca
  • Relax
  • Sport
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
AdHoc News Quotidiano
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
Home Attualità

Non si dovrebbe morire sul lavoro l’ultimo giorno di 35 anni di onorato servizio

di Simone Margheri
13 Giugno 2025
In Attualità
0
Non si dovrebbe morire sul lavoro l’ultimo giorno di 35 anni di onorato servizio
60
VISITE
CondividiTwitta

Non si dovrebbe morire sul lavoro l’ultimo giorno di 35 anni di onorato servizio

Chiediamo giustizia piena, preventivamente, per Carlo Legrottaglie. Ci auguriamo che arrivi presto e con i giusti riconoscimenti.

C’è qualcosa di profondamente ingiusto — anzi, intollerabile — nel dover raccontare ancora una volta la morte di un carabiniere, colpito da criminali mentre indossa la divisa dello Stato

Carlo Legrottaglie, a poche ore dalla pensione, è stato assassinato da due delinquenti senza scrupoli. L’ennesimo servitore dello Stato strappato ai suoi affetti, alla sua comunità, alla sua missione.

Ma oltre al dolore, oltre alla retorica dell’eroe, c’è una domanda che pesa come un macigno: perché la giustizia italiana non riserva a questi crimini lo stesso rigore che promette per altri casi di morte sul lavoro?

Lo Stato è spesso severo, il Capo dello Stato puntualmente — e giustamente — indignato per le morti bianche, e con lui tutti i politici che, forti degli appelli dei Presidenti della Repubblica, si dichiarano disponibili ad aumentare pene e responsabilità.

Si parla di cambiare norme sulla sicurezza: prima la legge 626, poi il D.Lgs. 81/2008, ecc. Ma in quei testi non esistono colpe o responsabilità, né omissioni dei datori di lavoro, quando a morire è un carabiniere, un poliziotto, un finanziere, un militare o una guardia giurata

Perché lì, in genere, un colpevole c’è — o ci sono, come nel caso di Carlo — ma la legge stranamente non li tratta con la stessa severità, né limita i benefici. Morire in servizio, forse, per un carabiniere o un militare è un rischio contemplato. E se accade, si risolve — quando la vittima non sia indagata a sua volta per eccesso di difesa o irregolarità — con un encomio e una medaglia.

Perché questa mia polemica?

Perché, purtroppo, anche se cambiano i governi, la situazione è cambiata poco. Infatti, come più volte denunciato anche da queste pagine, negli ultimi anni l’Italia ha dimostrato una lodevole determinazione nell’inasprire pene e responsabilità per i datori di lavoro colpevoli di “morti bianche”, come era giusto che fosse. Nell’individuare i responsabili, per il legislatore è stato facile: quando il colpevole è un imprenditore negligente, la legge lo colpisce con pene esemplari e accessorie, in linea con il sentimento collettivo di giustizia. È giusto.

Ma quando viene ucciso un carabiniere o un poliziotto, e dopo pochi anni il responsabile è ai domiciliari o, peggio, libero per buona condotta… chi è il responsabile?

Agli occhi dei familiari — e anche dei colleghi — questo può apparire come una negligenza da parte di un legislatore che è anche il datore di lavoro di chi ne preserva la sicurezza. No!? Forse mi sbaglio, e il sentimento di richiesta di giustizia è riservato solo a chi svolge lavori manuali o industriali. Forse, il rischio di perdere la vita per mano di pluripregiudicati, per chi lavora in divisa, è un rischio che deve essere accettato passivamente.

E se questo rischio poteva essere evitato — perché magari quelle persone non avrebbero dovuto essere in giro, o perché si poteva fare di più per impedire che certi reati fossero commessi verso chi indossa una divisa — questo non conta?

Se invece si ritiene che possa esserci una somiglianza, e che anche l’intervento di un carabiniere possa essere reso più sicuro per lui, perché questo rigore non viene applicato dal legislatore con la stessa coerenza quando a perdere la vita è un rappresentante delle forze dell’ordine?

Perché, in questi casi, si preferisce il gesto simbolico: una medaglia, una pacca sulla spalla alla famiglia, un encomio. E nel frattempo, ai colpevoli si aprono varchi procedurali, sconti di pena, domiciliari — o perfino il diritto di rivalersi contro lo Stato.

Sembra una giustizia a due velocità: severa coi civili, indulgente con chi ha osato uccidere un carabiniere mentre proteggeva tutti noi.

Il paradosso Cerciello Rega e i domiciliari in riva al mare

Il caso di Mario Cerciello Rega, ucciso a Roma nel 2019, è emblematico. Due turisti americani responsabili del delitto sono stati condannati all’ergastolo, ma in appello le pene sono state drasticamente ridotte: 15 anni e 11 anni, con uno dei due affidato alla nonna, ai domiciliari a Fregene. Una località balneare. Una beffa.

Lo Stato che piange i suoi caduti, ma si mostra “comprensivo” con chi li ha colpiti, tradisce il patto più sacro con i suoi servitori: la certezza che il loro sacrificio non sarà mai vanificato da un cavillo giuridico o da una logica garantista fuori contesto.

Richieste di danni da parte dei criminali: il colmo dell’assurdo

A questo si aggiunge il paradosso più amaro: in alcune circostanze, i familiari o i difensori dei delinquenti — persino quelli rimasti feriti durante le loro stesse aggressioni — hanno avanzato richieste di risarcimento allo Stato, o hanno provato a dipingersi come “vittime collaterali”.

Un sistema che consente questo non è solo disfunzionale: è pericoloso. Perché alimenta la sensazione che la legalità possa essere negoziata, e che chi sbaglia gravemente possa alla fine uscirne persino risarcito.

Un pacchetto sicurezza insufficiente: serve molto di più

Il recente “pacchetto sicurezza”, che introduce un sostegno legale rafforzato per le forze dell’ordine e maggiore attenzione ai reati contro pubblici ufficiali, è un passo avanti. Ma non basta.

Serve una norma chiara e inequivocabile, che stabilisca:

L’impossibilità per i condannati per omicidio di pubblici ufficiali o operatori della pubblica sicurezza di poter richiedere danni, diretti o indiretti, nei confronti dello Stato o delle vittime;

L’esclusione automatica da ogni beneficio penitenziario, incluse riduzioni di pena, semilibertà, affidamenti, domiciliari;

Il riconoscimento che uccidere un carabiniere, o comunque chiunque operi per la sicurezza pubblica in servizio, equivale giuridicamente a un crimine di guerra o a una strage di civili: il reato più grave in assoluto.

Non possiamo più permettere che lo Stato sia severo con i deboli e clemente con chi attacca le sue fondamenta.

La vera giustizia non si misura in medaglie

Carlo Legrottaglie merita giustizia vera. Non una commemorazione solenne, ma una risposta giuridica forte, netta, priva di ambiguità. Non è vendetta. È rispetto per chi ha giurato di servire lo Stato e ha perso la vita per tenerlo in piedi.

La legge, a mio avviso, dovrebbe cambiare. Chi uccide un carabiniere o un servitore dello Stato non dovrebbe più poter contare su cavilli, scorciatoie o pietà istituzionale. Perché chi colpisce in divisa, colpisce tutti noi.

Purtroppo, non è il primo articolo che scrivo sull’argomento. Spero solo che il decreto sicurezza sia un buon inizio, ma non la fine, e che possa essere migliorato tenendo conto di quanto detto

Concludo dicendo che, a mio avviso — ma credo di non essere il solo — nei procedimenti penali per omicidio volontario, violenza sui minori, femminicidio, stupro e rapimento, l’ordinamento non dovrebbe mai prevedere riduzione di pene, né alcun tipo di rito abbreviato con riduzione della pena in caso di condanna definitiva. Personalmente ritengo immorale che lo Stato conceda a chi si macchia di certi reati la possibilità di ricevere sconti di pena, solo per migliorare l’inefficienza e le lunghezze della giustizia italiana.

Fonti:

La Repubblica, 17 luglio 2024 – Riduzioni di pena per l’omicidio Cerciello Rega

Il Fatto Quotidiano, 2014 – Risarcimenti mai versati dai terroristi Fioravanti e Mambro

Gazzetta Ufficiale, 2023 – Art. 162-ter c.p. (estinzione del reato con risarcimento)

Ministero dell’Interno, 2024 – Contenuti del pacchetto sicurezza

Leggi anche:

https://www.adhocnews.it/

www.facebook.com/adhocnewsitalia

SEGUICI SU GOOGLE NEWS: NEWS.GOOGLE.IT

Tags: CARABINIERIDELINQUENZAPENSIONEPRIMO PIANORAPINA
Articolo precedente

DIRITTO AD UN FIGLIO? MODA O CAPRICCIO?

Prossimo articolo

Oltre gli Stereotipi: La Geopolitica Ignorata e le Radici dell’Antimperialismo Moderno

Prossimo articolo
13 – Le Zone di Produzione, resto del Mondo

Oltre gli Stereotipi: La Geopolitica Ignorata e le Radici dell'Antimperialismo Moderno

Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
  • Contatti e informazioni AdHoc News
  • Partners & Advertising
  • Privacy policy
  • Cookie policy

© 2025 JNews - Premium WordPress news & magazine theme by Jegtheme.

Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
  • Politica
  • Attualità
  • Cultura
  • Cronaca
  • Relax
  • Sport

© 2025 JNews - Premium WordPress news & magazine theme by Jegtheme.