Mussolini in minoranza

L'ordine del giorno Grandi prevalse largamente

gerarchi

Dopo gli interventi dei gerarchi che avevano sostenuto Grandi, la situazione si era fatta più pesante. Mussolini attaccò quella che riteneva una corrosiva ed inutile critica al regime. Tornare allo Statuto indirettamente significava liquidare vent’anni di fascismo, mandare in pensione il regime.

De Marsico si inserì nel dibattito, affermando che ormai era lo Stato intero ad essere in crisi; dunque serviva una reazione nazionale che coinvolgesse tutti italiani.

Il Duce tentò, d’accordo con il segretario del partito Scorza, di chiedere un rinvio della seduta al giorno successivo, ma incontrò la ferma opposizione di Dino Grandi.

Luigi Federzoni prese la parola per un intervento molto incisivo, la cui essenza stava nell’individuazione della formula della “guerra fascista”, quale elemento di maggiore impopolarità della guerra poiché profondamente divisivo del popolo italiano. Sulla profonda frattura tra paese e partito insistette anche l’intervento di Bastianini, un vero e proprio sciopero bianco contro il regime.

Il regime doveva cambiare per riconquistare il paese. Mentre per il conflitto Bastianini riteneva possibile solo una soluzione politica. Tringali, Casanova, Bigini e Galbiati attaccarono l’ordine del giorno Grandi e difesero il regime.

L’attacco alla fronda più ostile

Fu a quel punto che Mussolini lanciò l’attacco più forte contro la fronda a lui ostile, affermando che la frattura con il paese era stata creata dallo smodato arricchimento di molti gerarchi.

Il Duce affermò che l’ordine del giorno Grandi comportava anche gravi problemi di dignità personale e si disse comunque convinto di poter contare sull’appoggio del Re. Concluse il suo intervento affermando che aveva in mano una carta segreta per mettere fine alla guerra, ma che non l’avrebbe rivelata in quella sede.
Immediatamente il segretario Scorza dichiarò il suo appoggio al capo del governo.

Ma Alfieri, ambasciatore in Germania, diede un altro importante contributo alla causa di Grandi affermando che i tedeschi non erano in grado di soccorrere efficacemente l’Italia.

Nella pausa Dino Grandi aveva ottenuto 19 firme su 28. Però le parole di Mussolini ebbero il loro effetto, poiché Suardo, Presidente del Senato, dichiarò apertamente di ritirare il proprio appoggio all’ordine del giorno. A detta di molti gerarchi anche Cianetti sembrò perplesso (il giorno successivo scrisse immediatamente una lettera a Mussolini ritirando il suo voto).

Bottai sentì l’esigenza di chiedere nuovamente la parola per rassicurare quanti avevano sottoscritto l’ordine della volontà di resistere espressa nel documento, e che l’appello al sovrano era necessario in un momento tanto difficile per il paese.

Alle 2 del mattino si ebbe la votazione. 19 favorevoli, 7 contrari. Suardo si astenne e Farinacci si rifiutò di partecipare alla votazione. Mussolini ritenne inutile mettere in votazione gli altri ordine del giorno.

Scorza chiamò il tradizionale saluto al Duce. Mussolini si allontanò senza attenderlo con le seguenti parole di congedo: “Vi dispenso”.

 

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