Massoneria. Unità d’Italia. Ipocrisia politica

Monumento Garibaldi, Roma
Fa sinceramente sorridere con quanto zelo alcune forze politiche, nella giornata di ieri, si siano adoperate per festeggiare l’anniversario dell’Unità d’Italia, sancita con atto normativo il 17 marzo 1861. Fa sorridere poichè sono le stesse che contemplano il divieto di affiliazione alla Massoneria nei propri statuti o, che appena qualche settimana fa, di fatto sancivano per comunicato l’incompatibilità tra affiliazione massonica e amministrazione locale.

 

Gioverebbe forse ricordare a costoro, tanto spaventati dalla “percezione che si possa agire per logiche di gruppi ristretti”, che l’impegno politico, il patrimonio valoriale, quella che taluni chiamano spregiativamente “interferenza sull’esercizio delle funzioni delle amministrazioni pubbliche” della Massoneria non è sempre stata nefasta per questo paese.

 

Gioverebbe rammentare che l’unificazione italiana – risultato di un lungo e laborioso processo diplomatico messo in atto dalla classe politica del tempo, erede della tradizione risorgimentale -, vide un fondamentale contributo della Libera Muratoria, protagonista prima delle lotte risorgimentali, poi dell’innegabile progresso sociale, civile, politico della nuova Italia.

 

Quella Libera Muratoria che nel nascente Stato unitario non era più luogo privilegiato dell’aristocrazia settecentesca ma punto di raccolta della classe dirigente di orientamento liberale-progressista, della sinistra costituzionale di Depretis e Crispi, della componente radicale di Bertani. In quegli anni larghissima parte dei deputati della sinistra liberale presente in Parlamento era iscritta alla Massoneria e non ne faceva certo segreto: si trovava nella rinata Massoneria italiana quell'”Italia nuova” di estrazione borghese che sin dai moti del 20-21 aveva guardato con ottimismo e speranza ad un futuro unitario, si respiravano qui valori laici, liberali, progressisti, piuttosto che democratici, repubblicani, radicali.

 

Gioverebbe richiamare alla mente non tanto la figura di Garibaldi – eletto nel 1864 Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia e solo il più famoso tra i Massoni famosi italiani -, quanto le tante riforme che il nuovo Stato mise in campo per operare un cambiamento epocale della società sia a livello nazionale che locale. Riforme condotte da Massoni e deliberatamente ispirate ai valori fondanti la Massoneria universale: la scuola gratuita, obbligatoria e laica voluta da Coppino nel 1877, il primo codice sanitario volto al miglioramento della salute pubblica opera di Crispi nel 1888 ma anche le tante battaglie per la laicità, l’emancipazione femminile, la legalizzazione della cremazione e potremmo andare avanti.

 

Gioverebbe forse rammentare le parole utilizzate da Costantino Nigra, ambasciatore del Regno d’Italia a Parigi, collaboratore dello statista e più cavouriano tra i cavouriani, nella lettera con cui nel 1861 accettò la nomina a Gran Maestro: «Non bisogna dimenticare che l’Associazione, oltre il generale suo scopo deve avere quello di aiutare il movimento politico dell’Italia e di ogni altro paese tendente da un lato all’unità e indipendenza na­zionale e dall’altro lato all’eguaglianza e alla libertà degli ordini poli­tici, religiosi e sociali […] ¹, intendendo in questo il progresso di una neonata nazione ancora distante dal completamento dell’unità. O forse il celebre (unico) discorso pronunciato il 16 maggio 1925 da Antonio Gramsci, allora deputato del Regno per il Partito comunista d’Italia, in una Camera dei deputati che si apprestava a istituire la messa fuori legge delle attività delle Logge e dell’associazionismo popolare: «[…] data la debolezza iniziale della borghesia capitalistica italiana, la massoneria è stata l’unico partito reale ed efficiente che la classe borghese ha avuto per lungo tempo»².

 

Ma forse, nonostante i valori professati come universalmente condivisi, in questo clima di continua mistificazione della storia perpetrato prevalentemente da chi avrebbe il dovere di informare in maniera non faziosa, basterebbe ispirarsi a quella citazione, a dire la verità piuttosto abusata in ambiente politico, che recita: “L’unico pericolo sociale è l’ignoranza”.

 

Per chi vuole approfondire:
• “Storia della Massoneria in Italia. Dal 1717 al 2018. Tre secoli di ordine iniziatico“, Aldo Alessandro Mola, Bompiani-Giunti, Firenze-Milano, 2018
• “Massoneria e Unità d’Italia. La Libera Muratoria e la costruzione della nazione“, a cura di Marco Novarino e Fulvio Conti
• “Storia della Massoneria italiana. Dal Risorgimento al fascismo“, Fulvio Conti, Il Mulino, Bologna, 2003
• “Massoneria e sfera pubblica nell’Italia liberale, 1859-1914” di Fulvio Conti in “La massoneria“, a cura di G. M. Cazzaniga, Torino, Einaudi, 2006
• “Per la storia della massoneria nel Risorgimento italiano” in “Rassegna storica del Risorgimento“, 1914/1, Adolfo Colombo
• “L’Italia dei Liberi muratori. Piccole biografie di massoni famosi“, Vittorio Gnocchini, Mimesis, Roma, 2005
• “All᾽Oriente di Torino. La rinascita della massoneria italiana tra moderatismo cavouriano e rivoluzionarismo garibaldino“, Marco Novarino, Libreria Chiari, Firenze, 2003
• “La liberazione d’Italia nell’opera della massoneria” a cura di Aldo A. Mola, Foggia, Bastogi, 1990.
• “Fratelli d’Italia. Memoria del rapporto tra massoneria e Risorgimento nel 150° anniversario dell’Unità d’Italia (1861-2011)” a cura di Maurizio Del Maschio, Stefano Momentè, Claudio Nobbio, Foggia, Bastogi, 2011.

 


¹ Rassegna storica del Risorgimento, Annate I – LXXXVIII (1914-2001), disponibile al seguente link: http://www.risorgimento.it/rassegna/index.php?id=73&ricerca_inizio=0&ricerca_query=&ricerca_ordine=DESC&ricerca_libera=

² A. Gramsci, Atti Parlamentari, Camera dei Deputati, XXVII legislatura, vol. IV, Discussioni, p.365

 

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