Massimo Fini: Opponendoci al virus ne prolunghiamo l’esistenza. Sfoltire la popolazione

massimo fini

Massimo Fini, sul Fatto Quotidiano scrive.

“La musica contemporanea mi butta giù” (Franco Battiato). A me “buttano giù” altre cose. Non ne posso più degli integralismi che attraversano la nostra società. Il primo è l’integralismo sul Covid o, per essere più precisi, sulle misure anticovid.

Intanto le comunicazioni del governo (mi spiace per il ministro Speranza che è una brava persona) e del suo Comitato scientifico sono così farraginose, complesse e contraddittorie che sfido qualsiasi persona normale a capirci qualcosa.

Il Green pass ne è l’ultimo esempio. Se costoro pensano di trascinarci ancora per anni con vaccini, richiami dei vaccini e richiami dei richiami si sbagliano. Lo stress che sopportiamo da due anni non è più sostenibile. Non che noi si abbia la forza di ribellarci in modo attivo, lo faremo per omissione rifiutandoci di farci vaccinare.

Oltre tutto è abbastanza chiaro, almeno così a me sembra, che il Covid 19 sfugge ai vaccini, preparati troppo in fretta e sulle cui conseguenze a medio e lungo termine non possiamo saper nulla, perché muta in continuazione. Tra l’altro opponendoci in modo così ottuso al Covid noi in realtà ne prolunghiamo l’esistenza.

Che la natura faccia il suo corso

Se avessimo lasciato fare alla Natura quello che alla natura compete. Cioè sfoltire la popolazione quando è in sovrabbondanza, il Covid sarebbe morto per inedia e sarebbe durato un paio di anni. L’epidemia si sarebbe ripresentata in forma diversa dopo qualche decennio com’ è stato per tutte le epidemie del passato.

Inoltre io non capisco proprio perché per salvare dei settuagenari od ottuagenari, in genere affetti da due o tre gravi patologie, si sia bloccata la vita di intere generazioni a cui il Covid non poteva far nulla. Che muoia chi deve morire e smettiamola con questa farsa tragica.

“Settanta sono gli anni della vita dell’uomo” dice la Bibbia e padre Dante fissa il “mezzo del cammin di nostra vita” a 35 anni, il che vuol dire che gli uomini del Medioevo pensavano che una vita media, normale, avesse quella durata. Non ci si deve far fuorviare dal fatto che gli scienziati e gli storici, in perfetta malafede, affermano che la vita media dell’uomo del Medioevo era di trent’anni o poco più.

Il dato è falso perché sconta l’alta mortalità natale e perinatale che lasciava in vita solo i più robusti. Il raffronto va fatto non con la vita media ma con l’aspettativa di vita dell’adulto. Da questo punto di vista, è vero, abbiamo guadagnato alcuni anni poiché questa aspettativa, secondo dati del 2016, è di 80,6 per gli uomini e di 85 per le donne. Ma bisogna poi vedere qual è la qualità della vita in questi anni che abbiamo strappato.

Fatta ogni debita eccezione, tutti noi abbiamo esperienza di anziani che trascinano una vita che non è più una vita in interminabili e penose agonie cui sarebbe di gran lunga preferibile la morte. In fondo la morte, se non si trascinano le cose oltre ogni limite di decenza, è una cosa pulita.

Infine noi stiamo creando, artificiosamente, un mondo di vecchi che pesa sulle generazioni più giovani e vitali. Lo psicoanalista Cesare Musatti, a novant’anni, e quindi al di sopra di ogni sospetto, disse: “Un mondo popolato in prevalenza da vecchi mi farebbe orrore”.

Estratto dell’articolo di Massimo Fini per “il Fatto quotidiano”

 

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