Massimo Cacciari e le critiche al PD

cacciari

Sicuramente Massimo Cacciari, ex sindaco di Venezia e filosofo di spessore, non è un uomo di partito che ubbidisce ciecamente quando il segretario di turno usa il fischietto per allineare tutti. Non stupisce quindi che possa essere critico.

In fondo gli intellettuali sono di stimolo ai partiti. Proprio perché rilevano le criticità, individuano gli errori, propongono idee alternative.

Però c’è da dire che le critiche di Cacciari questa volta, non sono limitate semplicemente ad una posizione non condivisa. Ma bensì ad un modus operandi che non accetta nel processo decisionale. Il filosofo ammette che la sinistra ha rotto con la sua tradizione critica verso l’atlantismo, e soprattutto verso gli interventi militari.

Ma la parte più interessante è quella in cui lui analizza i partiti come strutture divenute quasi come comitati elettorali permanenti, dove il coinvolgimento della base è quasi nullo. Strutture di gruppi dirigenti in cerca di voti li definisce. Andando a rilevare la profonda crisi di coscienza politica in Italia.

Primo perché si guarda a tutto quello che viene dalla prima Repubblica come un qualcosa di irreparabilmente compromesso da tangentopoli. Dunque nessuno attinge al pensiero di quei partiti. Dei partiti storici.

Il Partito Comunista aveva una grossa elaborazione intellettuale, e politica. Che si può non condividere, ma il cui spessore non si può negare.

La perdita di identità dei partiti

Poi si è operata la trasformazione dei partiti che oggi hanno classi dirigenti più deboli, meno autorevoli, più autoritarie. Soprattutto perché non c’è più l’attività territoriale delle strutture, dove la sezione, i circoli formavano la classe dirigente. Questo vale per il PD, ma vale anche per tanti altri partiti.

Oggi la classe di dirigenti improvvisati che ha in mano il paese, non guarda la memoria storica. E pensa di gestire il presente, senza guardare al passato e senza costruire un futuro.

La politica dovrebbe guardare alla prossima generazione, la nostra amministra in maniera fallace l’ordinario. La crisi della sinistra è chiara anche laddove si riscontra evidente una profonda divisione nelle coscienze tra l’elettorato e la base.

Il partito vuole essere saldamente rassicurante verso Washington. Ma la sua base, e parte della sua dirigenza, non ha mai dimenticato di serbare in cuor loro un antiamericanismo di fondo. Di essere preventivamente pacifisti.

Probabilmente Federico Rampini, non viene adeguatamente preso in considerazione soprattutto per un libro importante: La notte della sinistra.

Se si prendessero la briga di leggerlo, aprirebbe prospettive a molti dirigenti dell’attuale Partito Democratico.

 

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