L’uomo della necessità

sotto tutela

Eravamo rimasti al mussoliniano Uomo della Provvidenza. Ma il Presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, ha aggiornato la terminologia sull’uomo solo al comando dicendo che oggi abbiamo l’«Uomo della Necessità»: il Premier Mario Draghi.

Ora tale definizione può far sorridere certuni particolarmente scettici sull’italica abitudine ad esagerare. Oppure impensierire altri più preoccupati delle conseguenze metafisiche insite nella suddetta trasformazione lessicale.

Sta di fatto, però, che tale definizione è esatta. Mario Draghi è l’uomo che risponde alle odierne necessità politiche ed economiche del nostro Paese. Che, senza di lui, sarebbe già precipitato nella più totale ingovernabilità e irrilevanza internazionale.

La duplice missione di Draghi

È sufficiente seguire gli interventi di Draghi all’assemblea dell’ONU e all’assemblea della Confindustria per capire che persegue una duplice missione. Da un lato quella di garantire la messa in sicurezza economica dell’Italia (previa fuoriuscita dalla fase acuta della pandemia). Consentendo all’apparato produttivo-commerciale di trasformare la ripresa in un processo di sviluppo di medio/lungo periodo capace di intervenire sui ritardi strutturali e sulle diseguaglianze sociali.

E, dall’altro lato, quella di garantire la collocazione internazionale dell’Italia. Che pur nel mutato quadro geopolitico ha interesse a mantenere salda la propria fedeltà alle vecchie alleanze. Anche per rassicurare i mercati e le agenzie che guardano con apprensione al nostro debito pubblico e al prossimo utilizzo delle risorse finanziarie in arrivo dall’Unione Europea.

È una duplice missione insomma, quella del Premier, fondata sull’esercizio di una duplice garanzia. La cui capacità è data non dalla composita maggioranza governativa di unità nazionale bensì dalla persona stessa di Draghi: e cioè dalla sua personale competenza e autorevolezza.

È Draghi che regge il Governo

Quando leggo che le continue zuffe da pollaio dei partiti che lo sostengono rischiano di minare il suo governo, mi viene da ridere. Il governo esiste, regge e va avanti perché c’è Draghi. Punto. È un governo la cui tenuta e legittimità deriva direttamente dalla persona di Draghi. Il quale peraltro si concentra unicamente sulla sua missione, secondo una propria scala di priorità, delegando ai partiti la trattazione delle altre questioni sulle quali si accendono frequentemente dispute e polemiche in un confuso agitarsi, tanto inconcludente quanto irrilevante.

A volte mi sembra di assistere ad uno di quei vetusti film in bianco e nero, dove si vede l’esperto maestro che porta in cortile la scolaresca per farla ricreare, giuocare e litigare. Salvo poi richiamarla in classe al suono della campanella per l’ennesima lezione.

È davvero il governo dell’uomo solo al comando, con i partiti confinati in ruoli marginali se non subalterni. Come nelle tragedie greche, dove l’eroe domina la scena con il coro, relegato sullo sfondo, che canta o commenta le sue gesta.

È comprensibile che tutto questo possa non piacere ad alcuni. Va però ricordato che Draghi ha semplicemente occupato il vuoto lasciato da una politica che ha abdicato alla propria funzione dirigente. Da una politica che, tra destra e sinistra, ha complessivamente e miseramente fallito riducendosi ad una mera e bolsa modalità comunicativa, reiterata per giunta in modo ossessivo e con compiaciuta autoreferenzialità.

Il fallimento della politica italiana

Una politica che rinuncia a qualsiasi riflessione e analisi della realtà per specchiarsi nelle sue narrazioni ossia nella rappresentazione di se stessa. Una politica che, simile allo sguardo di Narciso, si esaurisce in se stessa.

Basta scorrere la rete o le pagine dei quotidiani per vedere come la politica italiana -priva com’è di progetti e senza un’idea di futuro- si attarda su questioni che, pur rilevanti in sé, restano comunque secondarie rispetto alle urgenze economiche e sociali di un Paese che va in gran parte ricostruito (o riformato, che dir si voglia).

E tutto ciò quando cambiamenti epocali si vanno materializzando ovunque nel mondo, modificando la nostra vita e stravolgendo tutta una serie di idee ricevute e comunemente accettate. Il mondo cambia, e pure velocemente.

Il Premier Draghi cerca di far sì che l’Italia sia presente all’interno del cambiamento. Mentre latita la politica dei partiti, che, prigionieri di schemi ideologici superati, non riescono a decifrare la nuova realtà e a capire quanto sta accadendo attorno a loro. Peccato.

Anche perché un cambiamento senza guida e privo di indirizzo rimane affidato alla brutale forza delle cose. Che si fa poi necessità. Quella Necessità che per gli antichi Greci era ancora più potente del volere degli Dei olimpici. Per cui, in assenza dell’opera della ragione e di quella particolare razionalità propria dell’umana politica, è la stessa divina Necessità a farsi Politica. Draghi ne è la prova vivente.

 

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