Livorno: morire in un rave a 30 anni

Moira Piermarini. Una carneade per i più. La cronaca più fredda vuole che sia una parrucchiera di 30 anni di Pisa. Con l’hobby del rave: feste abusive che richiamano migliaia di persone; a base di alcol, droghe (meglio se sintetiche) e musica a volumi insostenibili. Che vanno avanti per ore, se non per giorni.

Nei locali della ex fabbrica Trw alla periferia di Livorno il rave è iniziato venerdì mattina e si è concluso domenica. I casi di intossicazione da LSD, ketamina, ecstasy, oppioidi, cannabinoidi e chi più ne ha più ne metta, sono stati incalcolabili.

Questa volta però ci è scappato il morto. 

Mi dispiace andare controcorrente e non unirmi al coro dei buonisti che piangeranno le sorti di una povera ragazza, morta per disgrazia e per una serie di fatali congetture. No, e a costo di essere odiato dico la mia.

A 30 anni sei una donna fatta e finita, con un lavoro, una posizione e, molto spesso anche una famiglia. Questa invece a 30 anni era solo fatta, e poi è finita. Sai perfettamente a cosa vai incontro: non hai l’incoscienza o l’imbecillità dei sedicenni.

Pertanto se hai abbandonato questo mondo perché eri imbottita fino agli occhi di tutto quello che si può raccattare e hai ballato ininterrottamente per due giorni di fila e il corpo di ha detto “addio!”, puoi soltanto darti di idiota. Ma non lo farai perché non ci sei più. 

Mi dispiace solo per i suoi genitori. Suo padre è pure un poliziotto.

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