“Libero e attuale” la riforma sul consenso sessuale alla Camera apre un fronte di dubbi interpretativi
Roma – Il 19 novembre 2025 la Camera dei Deputati ha approvato all’unanimità una proposta di legge che riscrive l’articolo 609-bis del Codice penale, introducendo come elemento cardine del reato di violenza sessuale il “consenso libero e attuale”.
Il testo, ora all’esame del Senato, punta ad allineare l’Italia agli standard europei e alla Convenzione di Istanbul, ponendo al centro il principio del “solo sì è sì”
Ma se il sostegno parlamentare è stato trasversale, fuori dall’Aula si moltiplicano analisi critiche sulla chiarezza della norma e sulla sua effettiva applicabilità.
La riforma stabilisce che qualunque atto sessuale compiuto in assenza di un consenso libero e attuale configuri violenza sessuale, anche quando non vi siano forza, minaccia o abuso di autorità. Le pene variano dai 6 agli 12 anni nei casi più gravi, con un’attenuante speciale per le ipotesi minori. È un cambio di prospettiva importante: non si guarda più soltanto alla costrizione, ma alla presenza — o assenza — di un consenso concreto e immediato.
Secondo i sostenitori, la riforma rappresenta una svolta culturale. Sottolineano come la definizione esplicita del consenso possa rafforzare la tutela delle vittime e ridurre il peso delle interpretazioni giudiziarie che in passato hanno penalizzato chi denunciava
In questa lettura, la norma colmerebbe un vuoto e chiarirebbe in modo inequivocabile che ogni rapporto sessuale senza consenso è un reato, indipendentemente dal fatto che la vittima abbia opposto resistenza fisica.
Ma non ci sono solo consensi, però, infatti sta emergendo un fronte critico che solleva dubbi di natura giuridica e applicativa. Il nodo più contestato riguarda proprio le parole “libero” e “attuale”: due concetti che, nella loro formulazione attuale, appaiono imprecisi e difficili da tradurre in criteri oggettivi.
Cosa significa, concretamente, che il consenso deve essere attuale?
Che deve essere presente non solo all’inizio del rapporto, ma in ogni istante? E soprattutto: come si può dimostrare la sua continuità?
Una simile formulazione può creare situazioni paradossali. Anche un rapporto iniziato con pieno accordo potrebbe trasformarsi retroattivamente in un reato, qualora una delle due persone sostenesse di aver avuto un ripensamento durante l’atto. La difficoltà di provarlo rischia di trasformare ogni rapporto privato in un potenziale terreno di conflitto.
È essenziale porsi una serie di interrogativi rivelatori: occorrerà registrare preventivamente il consenso?
Firmare un modulo?
Ricorrere a dichiarazioni registrate, con il rischio di trasformare l’intimità in una procedura burocratica? E, anche ammesso che una prova scritta esistesse, chi garantirebbe che non sia stata ottenuta sotto pressione, persino psicologica?
La pretesa di un consenso “attuale” porta con sé un ulteriore rischio: la richiesta implicita di una prova ininterrotta, dovremo filmare tutti i rapporti?
Infatti come sostiene Giuseppe Cruciani alla trasmissiine radiofonica ” La zanzara “, arriveremo al punto che, se si volesse garantire una tutela legale totale, l’unico modo realmente efficace sarebbe registrare l’intero rapporto dall’inizio alla fine, un’ipotesi non solo impraticabile, ma in evidente contrasto con la tutela della privacy e della dignità personale.
E consentitemi la battutaccia auto lesionista in un paese in crisi demografica.
Il timore è che la norma, pur nata per proteggere, possa finire per complicare il quadro giudiziario e aumentare il rischio di denunce strumentali, dove la parola di uno prevale sull’altro senza elementi oggettivi solidi
E onestamente anche se ciò non è direttamente collegato alla proposta mi preme ramnentare una volta di più che questa proposta rientra come molte altre in un contesto più ampio, quello dell’iperproduzione legislativa italiana: infatti in un Paese che conta oltre 200.000 norme vigenti, spesso incoerenti o ridondanti, e che tende a creare nuove leggi anche quando sarebbe più utile semplificare.
Come amava dire il Prof. Sartori ” è giunta l’ora che il legislatore italiano si riposi “
La riscrittura dell’articolo 609-bis rappresenta senza dubbio un elemento di novità che rende centrale per la prima volta il consenso rendendolo centro giuridico della definizione di violenza sessuale. Ma onestamente, l’indeterminatezza di alcuni concetti chiave e la difficoltà di tradurli in criteri probatori rischiano di generare incertezza anziché tutela.
La speranza è che il Senato intervenga per chiarire in modo rigoroso che cosa significhi consenso “attuale”, come debba essere espresso, come debba essere valutato e quali strumenti giuridici possano garantire equità sia alle vittime sia agli accusati senza il rischio di poter diventare uno strumento di vendetta o ricatto
Perché una legge così delicata che entra nella sfera personale di tutti non può permettersi leggerezze o rischi interpretativi la protezione delle persone — tutte — passa prima di tutto dalla chiarezza.
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