L’EUROPA DA RAGIONE AL GOVERNO ITALIANO IN MATERIA DI MIGRANTI CON LE NUOVE REGOLE.
L’Europa dei rimpatri: la svolta che ribalta il dibattito e smaschera le ipocrisie segnatevi questa data 8 dicembre 2025, è la data che di fatto segna uno spartiacque per la politica migratoria europea.
Infatti, dopo anni di incertezze e strumenti inefficaci, l’Unione Europea ha approvato finalmente un nuovo regolamento sui rimpatri che manda definitivamente in archivio la Direttiva del 2008, rivelatasi debole e facilmente aggirabile, inefficace e coperta di linus della nostra sinistra e di certi magistrati
Al suo posto arriva un sistema vincolante e uniforme per tutti gli Stati membri, pensato per rendere i rimpatri dei migranti irregolari rapidi, effettivi e realmente eseguibili.
È una svolta che colpisce al cuore uno dei principali argomenti degli euroscettici, ma anche di una certa sinistra europea che per anni ha fatto dell’Europa un alibi politico.
Fino a ieri, senza un vero coordinamento comunitario, Paesi di primo approdo come l’Italia riuscivano a rimpatriare appena il 20–25% dei migranti irregolari
Con il nuovo “European Return Order” la musica cambia: gli ordini di rimpatrio diventano automaticamente validi in tutta l’Unione, si azzera il gioco dei ricorsi multipli e le espulsioni possono essere eseguite rapidamente grazie al Sistema Informativo Schengen.
Il regolamento introduce anche un cambio di paradigma: non più un sistema sbilanciato solo sulle tutele procedurali, ma un equilibrio più netto tra diritti e doveri
Chi riceve un ordine di rimpatrio deve collaborare, fornendo documenti, dati biometrici e informazioni utili all’identificazione, e astenersi dall’ostacolare le procedure.
In caso contrario, sono previste misure concrete e dissuasive: obblighi di residenza, garanzie finanziarie, sequestro dei documenti, monitoraggio elettronico e, nei casi legati a rischi per la sicurezza, detenzione fino a 24 mesi e sanzioni penali.
È lo standard comune che impedisce le distorsioni del passato, quando le debolezze di alcuni Paesi diventavano un problema per tutti
Ma questa svolta ha anche un peso politico interno all’Europa. Per anni una parte della sinistra ha difeso un modello di immigrazione di fatto privo di regole, ammantandolo di retorica umanitaria e di un’accoglienza indiscriminata che non era sempre disinteressata.
Nei flussi migratori si è spesso intravisto un investimento elettorale di lungo periodo, e ogni proposta di maggiore controllo o di rimpatri efficaci veniva respinta rifugiandosi in una “Bruxelles protettiva”, sicuri che una maggioranza socialista avrebbe fatto da scudo contro le politiche nazionali più rigorose
L’Europa, in questa lettura, non era uno spazio di governo comune, ma uno strumento per sabotare le scelte dei singoli Stati, in particolare quelle dell’Italia guidata da Giorgia Meloni.
Oggi quello schema salta. Con il ridimensionamento dei socialisti e il ritorno dei popolari a dettare l’agenda, l’Unione cambia rotta e adotta misure che fino a poco tempo fa venivano bollate come “illiberali” o “autoritarie”.
La possibilità di istituire “return hubs” in Paesi terzi sicuri, sulla base di accordi che rispettino i diritti fondamentali e il principio di non-refoulement, va esattamente nella direzione indicata dal governo italiano
I migranti irregolari possono essere trasferiti fuori dai confini dell’Unione, con l’esclusione dei minori, riducendo la pressione sui Paesi di frontiera. Allo stesso modo, le liste comuni di Paesi sicuri – come Egitto, Marocco e Tunisia – consentono procedure accelerate già alle frontiere esterne.
Alla luce di queste decisioni, molte accuse rivolte al governo Meloni appaiono oggi indebolite, se non apertamente smentite
Il progetto degli hub in Albania, per mesi indicato come prova di una presunta deriva autoritaria e come violazione del diritto europeo, si colloca ora pienamente nel solco della nuova politica dell’Unione. Quella che veniva descritta come un’anomalia nazionale si rivela, nei fatti, un’anticipazione della linea europea.
Resta aperto un ultimo nodo, tutto italiano: quello del ruolo della magistratura
Finora, facendo leva su un quadro normativo europeo superato, alcune decisioni giudiziarie hanno contribuito a ridurre l’efficacia del modello Albania. Con l’entrata in vigore delle nuove regole, sarà interessante vedere se e come questo approccio cambierà, ora che l’Europa stessa ha riscritto i confini giuridici della politica dei rimpatri.
Il messaggio politico che arriva da Bruxelles è comunque chiaro. Senza un’azione comune, i rimpatri restavano un obiettivo teorico; con questa Unione diventano una realtà concreta
Ed è proprio questa Europa, più pragmatica e meno ideologica, a ribaltare il dibattito: smentisce gli euroscettici, ma soprattutto mette in difficoltà quella sinistra europeista che per anni ha usato l’UE come scudo contro le politiche nazionali che oggi, paradossalmente, sono diventate politiche europee.
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