L’equilibrio spezzato: dal terrore nucleare al rischio di conflitto
Per quale ragione, negli ultimi ottant’anni, nonostante le tensioni, la guerra fredda e il brusco confronto ideologico e militare tra i blocchi, non si era mai verificato uno scontro diretto fra le due superpotenze?
Si risolse senza colpo ferire anche la difficile crisi di Cuba con un accordo in cui ogni parte dovette cedere saggiamente qualcosa
Gli USA non installarono rampe missilistiche in Turchia, troppo limitrofe alla Russia e i russi rinunciarono ad installare missili nucleari a Cuba troppo vicini agli USA. In seguito alla crisi di Cuba, per evitare altre crisi fu istituita fra USA e URSS una “linea rossa” telefonica utile per prevenire incidenti. La notizia della comunicazione diretta rassicura il mondo quando apprese che Kennedy e Krusciov che si potevano parlare. Oggi stranamente invece vediamo una certa irritazione nelle cancellerie europee quando Trump ha cercato un dialogo diretto con Putin per una politica di distensione.
Dopo le tragedie di Hiroshima e Nagasaki il mondo era turbato e sconcertato dalla comparsa delle nuove armi nucleari e dalla potenza distruttiva
La preoccupazione aumentò quando il mondo venne a sapere che anche Mosca era stata capace di entrare in possesso del nucleare. L’arma atomica era ormai diventata un tabù e tutti sapevano che aveva un enorme potere di deterrenza e non sarebbe mai stata utilizzata per un attacco e la paura della distruzione reciproca avrebbe impedito guerre catastrofiche perché l’arma sarebbe stata capace di devastare il pianeta. Tutti avevano presente il paradosso di Einstein quando affermò che se ci fosse stata una terza guerra mondiale con armi nucleari, la quarta sarebbe stata combattuta con pietre e bastoni.
Era un equilibrio basato sul terrore nucleare ma proprio per questo dava sicurezza
Nonostante la guerra ideologica e la reciproca criminalizzazione, esisteva tra le superpotenze il mutuo rispetto, un rispetto che era dovuto saggiamente al riconoscimento della forza. Oggi, dopo che è venuto meno il blocco militare orientale ed anche l’idea forza su cui si basava, nel campo occidentale sembra essere venuta meno la prudenza data dal rispetto.
L’ascoltatissimo Henry Kissinger, anche se anziano, sembra abbia suggerito, a suo tempo, di approfittare del momento di debolezza di Mosca
Infatti nonostante la promessa americana di non fare avanzare di un pollice la NATO, il presidente Clinton dette il via al dilatamento dell’ alleanza atlantica in cui la NATO, in pochi anni è passata da 16 Stati aderenti a ben 32, esattamente il doppio. Ma sappiamo che l’appetito viene mangiando e le mire di Washington si sono spostate anche sull’Ucraina e sulla Georgia, mirando ad una penetrazione fino all’ interno della catena del Caucaso.
La corsa all’espansione della NATO forse era dovuta al ricordo delle parole di Kissinger il quale aveva suggerito che era meglio approfittare del momento storico in cui la Russia era debole piuttosto che in un momento in cui sarebbe tornata ad essere più forte.
Gli strateghi del Pentagono pensarono anche alla strategia geopolitica dello stratega del polacco naturalizzato americano, Zbigniew Brzezinski, teoria illustrata nel suo libro “La Grande scacchiera”
Era una dottrina che sosteneva che per minare definitivamente la potenza della Russia occorreva impedire a Mosca di esercitare la sua egemonia sulla sua stessa sfera di influenza storica, di conseguenza occorreva staccare l’Ucraina dal corpo della Russia, un vasto territorio che aveva la funzione di scudo dal tempo dell’ impero degli zar. Puntualmente, con la medesima tecnica delle “rivoluzioni colorate”, dopo disordini di piazza e torbidi di vertice, viene eliminato a Kiev il governo legittimo del presidente Viktor Yanukovich nel 2014, un governo regolarmente eletto dal popolo ucraino in legittime elezioni. In tal modo il Paese entra veramente in una distruttiva spirale della violenza che porterà quello Stato alla distruzione.
In tutto l’Occidente sembra essersi rotto un incantesimo perché quella che sembrava una tranquilla opinione pubblica, sembra si sia risvegliata in modo irresponsabile senza più alcun timore per una guerra in Europa e neanche dell’eventuale guerra nucleare distruttiva che potrebbe seguire
Un’opinione pubblica un po’ stranita, che si rivela priva di rispetto anche per l’arsenale nucleare più potente del mondo. Siamo di fronte a masse apatiche se non addirittura esaltate dalla vertigine di onnipotenza perché le vediamo appoggiare i propri governi anche se questi promettono una guerra alla Russia fino alla fine, fino all’improbabile non è vittoria. Sembra una ubriacatura caratteristica delle vigilie di grandi guerre, solo che forse ignorano che ogni potenza nucleare è legittimata e autorizzata dal rigido protocollo ad usare l’arma se avesse la percezione che sia in pericolo la sicurezza dello Stato.
Minare la potenza russa, sembra invece sia proprio il fine ultimo di certe classi dirigenti. Il pericolo e lo spettro di un conflitto nasce proprio dalla fine dell’equilibrio militare come se la deterrenza nucleare non inibisca più nessuna diplomazia, nessun Stato Maggiore, nessun governo e nessuna opinione pubblica
Confessiamo che esiste da parte di ambienti occidentali una vera e propria politica aggressiva nel tentativo di disintegrare anche la Federazione Russa, forse incoraggiati nel vedere la facilità con cui è stata già disintegrata l’Unione Sovietica dopo lo scioglimento del Patto di Varsavia e il tramonto dell’ ideologia comunista. Tutto ha dato l’idea di un collasso.
Il fatto reale è che gli Stati Uniti si percepiscono più fragili soprattutto in economia e sono preoccupati nel veder crescere realtà asiatiche, in special modo la Cina e il BRICS.
È una situazione che ricorda la preoccupazione del Regno Unito nel 1914 nel vedere crescere in modo inquietante la potenza industriale tedesca che sembrava diventata tecnologicamente superiore alla regina dei mari
Le guerre nascono quando mutano dei vecchi equilibri e lo scontro avviene immancabilmente fra la potenza tradizionalmente riconosciuta e la nuova realtà emergente che cerca legittimamente il posto che gli spetta.
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