Lebensborn, il parto della mente malata di Heinrich Himmler

Il Reichsfuhrer SS Heinrich Himmler partorì il progetto Lebensborn “Vita Nuova” per dare sfogo alla sua ossessione per il dominio della razza ariana sulle altre. La popolazione tedesca del tempo non era sufficiente per raggiungere un obbiettivo così ambizioso, Himmler iniziò quindi a lavorare per portare la Germania a 120 milioni di ariani entro il 1980.

Le basi dell’ambizioso obbiettivo furono gettate nel 1931 con emanazione dell’Ordine sul matrimonio: ogni SS doveva essere autorizzato da Himmler stesso a sposarsi, dopo un’attenta valutazione della sposa e del suo albero genealogico. Una moglie, tuttavia, non avrebbe mai potuto soddisfare le esigenze di riproduzione richieste dal progetto Lebensborn, le SS furono quindi incoraggiate ad avere – fuori dall’alcova domestica – quanti più rapporti sessuali possibile con donne nordiche. Alle mogli, invece, era richiesto di far finta di niente, le necessità del Reich Millenario venivano prima di tutto.

Nel 1935 vide la luce la prima “Casa di maternità”, dove le gestanti potevano godere di ogni tipo di comfort adatto a favorire la nascita di un ariano forte e sano. Negli anni successivi, lo zelante Reichsfuhrer SS, ne fece aprire altre cinque – per un totale di 263 letti per le future madri e 487 per i neonati.

Il progetto, tuttavia, non ebbe la larga adesione che Himmler si aspettava, solo 8.000 SS su un totale di 238.000 vi aderì; forse le mogli dei membri dell’élite nazisti non erano così propense a prestare i mariti alla riproduzione in serie, senza battere ciglio.

La Seconda guerra mondiale aprì nuovi scenari al capillare radicamento dello stentoreo progetto. Belgio, Francia, Danimarca, Paesi Bassi e, soprattuto, Norvegia erano ottimi territori nei quali spargere il seme ariano (tra l’altro senza la seccatura di dover fare i conti con la gelosia delle valchirie teutoniche). 

La sconfitta del Terzo Reich segnò la fine del folle sogno himmleriano, per i bambini germanizzati e per le madri che li diedero alla luce, invece, le dolorose ripercussioni si protrassero a lungo, specialmente nei paesi scandinavi. Esse furono chiamate “donne di Hitler” e considerate dai connazionali come “traditrici della Patria”. Le madri del Lebensborn vennero iscritte nelle liste pubbliche come collaborazioniste e vennero ripudiate dalle famiglie d’origine, nonché licenziate dal posto di lavoro.

Gli effetti del progetto non hanno accennato a diminuire, persino negli ultimi anni: nel 2007, 154 norvegesi, 4 svedesi e un tedesco, figli del Lebensborn, hanno presentato un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo accusando il governo norvegese di aver messo in atto nei loro confronti una grave discriminazione. 

La Corte di Strasburgo ha posto fine ai ricorsi giudiziari, pronunciandosi in favore del governo. 

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