Le mascherine non sono più obbligatorie. Ma la gente ha paura

mascherine

Oggi è giovedì e da 7 giorni le mascherine all’aperto non sono più obbligatorie. Eppure vedo ancora tante, troppe persone che le indossano. E sempre più a sproposito.

Un po’ di tempo fa mi sono divertito a scrivere un articolo sulla donnina alla guida con la mascherina (La donnina con la mascherina: l’evoluzione dell’omino col cappello) ma adesso la situazione sta passando dal paradossale al critico. Non tanto perché almeno un 30% buono della popolazione ancora la usa (almeno a Firenze), quanto per chi la indossa e cosa trasmette.

Giovani, adulti, vecchi. Non esiste distinzione d’età. La vedo su chiunque, spesso e volentieri in situazioni totalmente inutili. Ragazzi che la adoprano in motorino. Mamme che accompagnano i loro figli a scuola e, in macchina, costringono loro stesse e la progenie all’abominio. Signori di mezza età che camminano solitari al parco e la scansano solo per una sigaretta.

Tutti hanno un comune denominatore, oltre alla terrificante mascherina: lo sguardo. Non è uno sguardo di paura. Nemmeno di attenzione o di prudenza. È uno sguardo vuoto e rassegnato. Il peggiore che la razza umana possa avere. Quando una popolazione è plagiata da non avere più una forza di reazione, si ha la vera sconfitta individuale. Siamo, anzi sono, diventati un gregge di pecore, cha pascola, va, senza sapere né dove né perché. Si sono adeguate alla situazione e se ne fregano. Che se poi andiamo ad analizzare in profondità, è il vero significato del termine “resilienza”. Vi invito alla lettura: Resilienza. La nuova parola per indicare la sottomissione.

Un futuro tetro

La cosa che più mi terrorizza è che fra questi zombie che girano per le città, privati di parola, intelletto e personalità, uniformati da una museruola sanitaria, ci sono molti ragazzi. Troppi giovani, che dovrebbero essere il futuro della nazione. Che stanno perdendo la voglia di socializzare, di distinguersi, di emergere. Sono uniformati, standardizzati, privati di iniziativa.

I giovani devono lottare, vivere. Fare scelte, e spesso queste scelte devono essere sbagliate. Devono decidere per gli estremi: bianco o nero. E combattere per essi. Qui vedo ragazzi svuotati di interesse. Inerti e inermi. La cui vita è una scala di grigi da condividere sui social, e con la mascherine a coprire il loro volto, e la loro identità.

 

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