Le classifiche della qualità della vita tra suggestioni e illusioni
Come ogni anno è arrivata la stagione delle classifiche sulla qualità della vita nelle città. Intanto va detto che non si tratta di città, ma di province, ed è curioso come spesso il commentatore sorvoli su questo aspetto, rivelando così scarsa conoscenza della materia, essendo ovvio che sono grandi le differenze tra città vera e propria e il suo territorio provinciale, a volte molto vasto, a differente distribuzione di popolazione e composizione sociale.
Le cosiddette classifiche sono formate da un guazzabuglio di dati e indicatori, disomogenei, discronici, a geometria variabile, che da un anno all’altro cambiano, a giudizio insindacabile dei cosiddetti ricercatori, rendendo i confronti poco più validi di oroscopi. L’arbitrarietà nella scelta di dati e indicatori, così come l’eterogeneità delle fonti, rendono questi lavori perlomeno problematici dal punto di vista scientifico, essendone impossibili sia la verifica, sia la falsificazione
È stato verificato che tra le varie classifiche sponsorizzate da differenti committenti emergono differenze significative e evidenti incomparabilità. Niente garantisce che gli oggetti dell’osservazione siano anche in qualche modo coinvolti nella rilevazione e nella elaborazione dei dati.
Proprio l’impossibilità di effettuare comparazioni ragionevoli tra le classifiche di un anno e quelle successive o quelle precedenti, rende del tutto illusoria la corsa a commentare presunti avanzamenti o malaugurate discese
Ho sempre consigliato, da modesto addetto ai lavori, ai miei interlocutori istituzionali di non gioire quando la propria città appare in miglioramento, né di affannarsi a cercare giustificazioni in caso di scivolate all’indietro.
Inascoltato, visto che nel recente passato un importante sindaco, sprezzante del ridicolo, si spinse addirittura a chiedere la rettifica dei dati e della classifica lamentando errori e omissioni. Gli autori quindi, del tutto sprovvisti di senso del ridicolo, si affrettarono a correggersi, rendendo felice l’amministratore, ma rendendo anche chiaro il carattere marchettistico dell’operazione
Si potrebbe discutere a lungo del concetto di qualità della vita, e in effetti sono stati scritti diversi volumi in proposito.
La raccolta indifferenziata di dati e indicatori, quantitativi più che altro, il loro incasellamento in un modello basato su capitoli, la ponderazione del tutto arbitraria da parte dei ricercatori, la già ricordata incoerenza nel tempo, la disomogeneità territoriale, la soggettività nell’interpretazione, rendono i risultati adatti solo allo scopo principale di aumentare vendite e citazioni nel periodo della pubblicazione
Chi scrive ha esperienza diretta della progettazione, esecuzione, elaborazione e diffusione di una ricerca sulla qualità della vita in una grande città (non in una provincia), basata su una rilevazione campionaria, condotta con interviste dirette a un campione di popolazione rappresentativo dell’intero comune, stratificato per sesso, età e quartiere di residenza.
Tutti i parametri statistici necessari erano verificabili e documentati, così come tutta la metodologia adottata e le fasi di formazione del campione, rilevazione e di elaborazione
Le domande poste riguardavano la valutazione che gli intervistati attribuivano a una molteplicità di aspetti della vita quotidiana, sia di tipo sociale, sia di tipo economico, sia di tipo culturale; dalla condizione abitativa, agli spostamenti, dalla sicurezza all’istruzione, dalla vita sociale ai consumi culturali, e altri.
Al momento di produrre il rapporto finale, a firma di importanti accademici con riconosciuta esperienza della materia, il referente politico dell’amministrazione commissionaria si rifiutò vivacemente di pubblicarla e di diffonderla poiché, come è naturale, i giudizi sull’amministrazione non erano unanimemente entusiastici e la media delle valutazioni si attestava solo sul 7,5 su una scala decimale!
Vox clamantis in deserto.
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