L’antisemitismo torna a farsi spazio, e la politica ne è ancora una volta complice
Per decenni, l’antisemitismo è stato associato alle peggiori derive dell’estrema destra, simbolo di intolleranza, razzismo e violenza ideologica.
Oggi, però, qualcosa di profondamente preoccupante sta accadendo nel tessuto politico e sociale del nostro Paese: l’odio antiebraico si riaffaccia da una direzione diversa, in un contesto che, almeno in apparenza, si è sempre dichiarato progressista, inclusivo e antifascista
Negli ultimi mesi, segnali sempre più evidenti stanno emergendo in diverse città italiane, soprattutto in quelle storicamente amministrate dalla sinistra. A Milano sono comparsi cartelli con scritte come “non vogliamo gli ebrei”.
A Napoli, episodi di antisemitismo sono stati registrati perfino negli autogrill. E ora anche a Firenze – città simbolo di cultura e dialogo – si iniziano a leggere scritte sui muri con frasi come “Israele merda”. È un’escalation che non può essere liquidata come semplice vandalismo: è un sintomo di un clima che si sta deteriorando.
Alcuni episodi recenti hanno sollevato ulteriori interrogativi. A Sesto Fiorentino, il sindaco ha vietato la vendita di farmaci israeliani nelle farmacie comunali. In diverse manifestazioni pro Palestina, non si è mai sentita una parola chiara di condanna nei confronti di Hamas.
Supermercati hanno scelto di togliere dai loro scaffali prodotti provenienti da Israele, cedendo al boicottaggio politico, ma sfociando di fatto nella discriminazione etnica
Non siamo di fronte a semplici prese di posizione ideologiche. Quando la solidarietà diventa selettiva, quando la critica a un governo si trasforma in ostilità verso un intero popolo, quando il silenzio copre le responsabilità di gruppi terroristici, si aprono spazi per il ritorno di un antisemitismo mascherato da militanza politica.
Ciò che colpisce è la responsabilità – diretta o indiretta – di una certa politica populista, anche a sinistra. Una politica che, incapace di rispondere alle esigenze reali dei territori, preferisce indicare un nemico lontano. Oggi Israele, domani chissà chi
Il rischio non è solo che si riaccendano vecchi focolai d’odio che credevamo estinti. Il pericolo ancora più grande è che una parte della sinistra finisca per legittimare, tollerare o persino alimentare un nuovo antisemitismo, travestito da impegno civile.
E in questo clima, chi tace, chi minimizza, chi fa finta di non vedere, si rende inevitabilmente complice.
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