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La moda nelle cime tempestose del Galles

di Redazione
9 Marzo 2020
In Attualità
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La moda nelle cime tempestose del Galles
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Nel Galles meridionale c’è un’area chiamata Valleys (valli), dove sorgono piccole città immerse tra montagne e vallate, e dove per un lungo periodo l’economia è cresciuta grazie all’industria mineraria.

Rimaste disabitate fino alla prima metà dell’ottocento, le Valleys diventano un centro importante per la lavorazione dell’acciaio durante la rivoluzione industriale; con lo scoppio della prima guerra mondiale si cominciano a estrarre carbone e antracite. L’industria lascia un impatto indelebile sulle comunità che vivono nelle Valleys, in particolare quando tutto il settore viene smantellato dalle politiche liberiste della premier Margaret Thatcher, nel corso degli anni ottanta.

Nel 2015 Clémentine Schneidermann, fotografa, e Charlotte James, direttrice creativa, sono andate nelle Valleys con l’idea sovvertire gli stereotipi che condizionano il racconto e l’immaginario di queste comunità. Partendo da Merthyr Tydfil, la città più grande della regione, hanno organizzato dei workshop di moda coinvolgendo gli abitanti più giovani, dagli 8 ai 14 anni di età.

In una realtà che non gli offre molte opportunità, questi laboratori hanno permesso ai giovani di entrare nel processo creativo che sta dietro alla realizzazione di un vestito, e soprattutto li ha spinti a esplorare nuovi modi per esprimersi, acquisendo più sicurezza e autostima. “È un progetto che celebra le speranze delle nuove generazioni, nonostante le Valleys mostrino tutti i segni del tempo”, raccontano le autrici, che ricordano anche com’è nato il titolo del progetto, It’s called Ffasiwn: “Alcune ragazze del workshop erano in strada e indossavano i vestiti che avevano creato. Un gruppo di ragazzi cominciò a insultarle e una di loro rispose ‘Si chiama moda, informatevi!’”. Nel titolo, la parola moda è tradotta in gallese, ffasiwn, per sottolineare lo spirito leggero e umoristico del progetto e per prendere le distanze dalla “vera moda”. Il lavoro di Schneidermann e James è andato avanti per tre anni e ora è esposto alla Martin Parr foundation di Bristol, fino al 25 maggio.

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