La giornata del cane, ma non tutti i cani sono uguali. Alcuni sono ricchi di famiglia

Cane

Ieri, come avrete certamente capito dall’invasione piacevole di foto di cani sui social, era la giornata del cane. Evviva i cani e maledetti coloro che li abbandonano. Siano infilati in tutti i gironi dell’inferno dantesco. Senza saltarne davvero uno.

Pensate che noi a casa di cani ne abbiamo ben cinque. E per un breve, ma intenso periodo di due mesi, ne abbiamo avuti undici.

Difficile, faticoso, ma sicuramente bellissimo.

Finita la parte sdolcinata e poetica, passo a quella polemica. Come dicevano in “Berlinguer ti voglio bene”, indimenticabile film di Benigni prima che diventasse un evangelizzatore: basta coi ricreativo, comincia a avviassi i’ccurturale.

Leggendo le ultime vicissitudini della povera creaturina Sen. Cirinnà, che ha trovato (suo malgrado) 24.000 euro nella cuccia del proprio cane, ho avuto un’intuizione.

Vuoi vedere che qualcosa ci trovo anche io? Magri non 48 milioni del vecchio conio. Mica sono un senatore io, tantomeno del PD. Figuriamoci poi che non ho mai fatto una battaglia a favore di nessuna minoranza. Pertanto mi sarei aspettato, chessò, un cinquemillino a cane.

Che, come da tabelline, cinque per cinque venticinque, insomma mi sarei ritenuto soddisfatto.

Macché. Neanche un ramino da 5 centesimi. Ho addirittura pensato di avere dei cani difettosi. Stavo quasi pensando di rivolgermi a qualche associazione canina per protestare.

Non ho i cani dalle uova d’oro. Nemmeno dai conti corrente in Svizzera. Neanche un travelers-cheque. Mi sento proprio sfigato.

Insomma, il cane bancomat proprio non appartiene alla parte lavoratrice italiana. Sembra sia ad appannaggio solo di chi… lasciamo perdere.

Che poi, anche se uno ha il cane ricco di famiglia come la Cirinnà, i signori dell’Agenzia delle Entrate due domandine te le farebbero di sicuro. Se non addirittura quelli con le fiamme gialle sul cappello. Insomma, un’indagine fiscale, così per educazione, sarebbe normale. Ma noi non siamo mica senatori.

 

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