La Costituente Nera

Quando il fascismo repubblicano andò a congresso

costituente

Il 14 novembre 1943 si tenne la Costituente al congresso di Verona. Mussolini aveva cercato di riprendere l’azione politica rilanciando le origini di sinistra del regime fascista e dichiarando la repubblica.

Molti italiani avevano perso fiducia nella monarchia, ma si andava formando un movimento di resistenza che per molti aspetti, nonostante combattesse un nemico comune, rappresentava un’alternativa chiara alla monarchia del sud.

E comunque, anche se riammessi nella legalità ( dopo la messa al bando del ventennio) dal governo Badoglio, i partiti che stavano animando la resistenza erano comunque stati a contatto molto meno del vecchio partito Nazionale fascista ed i suoi esponenti negli ultimi vent’anni con la monarchia.

Il capo della RSI aveva bisogno di tirare fuori una mossa politica di spessore. Serviva una costituente che gettasse le basi legali del nuovo stato. Questa costituente si riunì intorno al nuovo Partito Fascista Repubblicano, che sicuramente vedeva l’adesione di alcuni esponenti del vecchio socialismo, in primis lo storico leader comunista Nicola Bombacci, fraterno amico di Benito Mussolini. Ma che in larga parte era supportato da elementi intransigenti del vecchio squadrismo.

Comunque esisteva una volontà di riformare il partito fascista comune a tutte le sue componenti, poiché il vecchio sistema del regime si era rivelato dogmatico e fallimentare.

Le spinte erano talmente tanto forti che anche i dirigenti più autoritari comprendevano la necessità di riaprire un dibattito. Quantomeno per evitare una contestazione pubblica, per cercare di dirimere le controversie all’interno del movimento stesso.

Mussolini rimase formalmente fuori dagli eventi del partito. L’assemblea costituente fu presieduta da Pavolini che, in qualità di nuovo segretario del partito, si disse immediatamente contrario all’obbligo dell’iscrizione per qualsiasi incarico o impiego statale.

I 18 punti di Verona

Questo consesso di camicie nere partorì i 18 punti di Verona.

Si stabiliva la convocazione di una costituente che aveva lo scopo di dichiarare formalmente decaduto il sovrano definito traditore e fuggiasco e proclamare la Repubblica Sociale.

Sarebbe stato eletto un capo dello Stato per un tempo limitato di 5 anni.

Inoltre il partito, che non ambiva a diventare un’organizzazione di massa, quanto piuttosto un circolo riservato e di pochi, che avesse il compito costituzionalmente garantito di educare il popolo e di stabilire le linee guida della politica dello Stato. Veniva definito un organo di combattenti.

Si accettava l’indipendenza formale della magistratura ed un sistema elettorale di tipo misto.

Era ribadito il ruolo preminente della religione cattolica, e l’antisemitismo di Stato che considerava gli ebrei stranieri e per la durata del conflitto nemici.

In tema di politica estera si puntava a mantenere l’indipendenza e l’integrità del paese, ribadendo la sua necessità di ottenere spazio vitale.

Interessante il fatto che venisse proposta l’istituzione di una comunità europea di tutte le nazioni che fossero disposte a combattere gli intrighi britannici nel continente, abolire il sistema capitalistico, valorizzare le risorse naturali dell’Africa rispettando i popoli autoctoni in specie quelli musulmani.

In materia sociale la repubblica sarebbe stata fondata sul lavoro ed i sindacati riuniti sotto un’unica confederazione generale del lavoro.

La carta del lavoro veniva citata per tutelare tutti i successi del precedente regime in campo sociale.

 

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