La Carta del Carnaro come sfida alla globalizzazione capitalista

Carta del Carnaro

L’8 settembre è un giorno nefasto in quanto simbolo di un avvenimento che ha segnato il destino della storia d’Italia. Riavvolgendo i nastri della storia tuttavia scopriremo che quest’anno, in occasione di questa fatidica giornata, ricorre il Centenario della Costituzione più bella del mondo. Ebbene sì, esattamente l’8 settembre di cento anni fa nella Città d’arte e di vita fu promulgata la Carta del Carnaro.

Breve cronistoria

Il 12 settembre 1919 D’Annunzio e i suoi legionari marciarono su Fiume. Il governo Nitti fu informato dell’azione tramite Il Giornale d’Italia tant’è che si pensò a un accordo segreto tra Nitti e D’Annunzio. Nitti, incaricò Badoglio di recarsi presso Fiume al fine di stabilizzare la situazione. Badoglio, in quanto amico del Vate, evitò che venissero a mancare ai fiumani i viveri e la minima assistenza. Nitti sancì il blocco totale degli aiuti e così Fiume, nel mese di marzo, sarebbe rimasta isolata. Fu a tal punto che D’Annunzio capì l’importanza di trasformare Fiume da stato di fatto a stato di diritto in maniera tale da poterne rivendicare la sovranità. Così, la sera del 30 agosto 1920 il poeta-soldato convocò la cittadinanza presso il teatro “Fenice” di Fiume. Con l’occasione venne letto lo Statuto sul quale sarebbe stato fondato il nuovo Stato. Nacque la Reggenza Italiana del Carnaro.

I postulati sociali

La Carta del Carnaro si presenta come un testo emblematico delle inquietudini sociali e politiche dell’Europa nell’immediato primo dopoguerra. Elaborata dal sindacalista rivoluzionario Alceste De Ambris e curata nello stile da Gabriele D’Annunzio la Carta, composta 65 articoli divisi in venti capitoli, stabiliva: un salario minimo; l’assistenza nell’infermità, nella disoccupazione, nella vecchiaia; il risarcimento del danno in caso di errore giudiziario o di abuso di potere; libertà di pensiero, di stampa, di associazione; libertà per ogni culto, purché non fosse usato come alibi per non compiere i doveri della cittadinanza; la proprietà privata era riconosciuta solo se fondata sul lavoro e purché improntata all’utilità sociale; il diritto di voto era garantito a tutti, sia uomini sia donne che avessero compiuto vent’anni; l’istruzione e l’educazione del popolo rappresentavano il dovere più alto della Repubblica. Questi, in sintesi, i postulati sociali della Costituzione fiumana.

Il filo rosso della rivoluzione sociale: dalla Repubblica Romana alla Costituzione Repubblicana

La Carta, fin dalle prime battute, risulta fortemente influenzata dalla Costituzione della Repubblica Romana (1849). I sindacalisti rivoluzionari, infatti, furono i maggiori seguaci di quel nazionalismo sociale che ebbe tra le proprie fila figure di spicco quali Mazzini, Garibaldi, Oriani e Pisacane. In tal senso, non dimentichiamo che alla stesura del programma di San Sepolcro contribuì proprio De Ambris. Invero, terminata l’esperienza fiumana, il fascismo mussoliniano farà propri alcuni dei principi della Costituzione fiumana riversandoli sia nella Carta del lavoro (1927) sia nella propria legislazione sociale la quale culminerà – in pieno periodo bellico – nel Decreto legislativo sulla socializzazione delle imprese del 12 febbraio 1944. Con la caduta del fascismo, la nuova Costituzione Repubblicana (1948) recepirà al Titolo III (artt. 35-47) molti di quei capisaldi che, nel corso di quegli anni, resteranno idealmente legati tra loro mediante il  filo rosso della rivoluzione sociale. Per questi motivi la Carta dannunziana si presenta sotto diversi profili quale anticipatrice di diverse istanze prese all’interno dell’Assemblea Costituente italiana, nonchè come documento di pregevole fattura dal punto di vista storico, politico e costituzionalistico.

Fiume rappresentò trincea e laboratorio metapolitico dal quale ancora oggi è possibile attingere. D’Annunzio e De Ambris, con la Carta del Carnaro, ebbero il merito di lanciare la nuova crociata “contro le nazioni usurpatrici e accumulatici d’ogni ricchezza” in nome di una visione realmente solidale e d’avanguardia. Ieri come oggi, la sfida alla globalizzazione capitalista passa anche dalla risoluzione della questione sociale. Identitari e sovranisti, pertanto, non possono far altro che raccogliere l’eredità centenaria della Costituzione del Carnaro la quale, fungendo da faro di una sana azione politica, indicherebbe la via maestra nell’affrontare le battaglie per i diritti sociali e per la sovranità dell’uomo “intiero”.

 

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