L’ atto dovuto non è sempre dovuto
Quando la giustizia si gira dall’ altra parte.
Il caso, dopo l’uccisione di Cecilia De Astis da parte di quattro ragazzi tra gli 11 e i 13 anni, le famiglie si allontanano dal campo per sfuggire alle telecamere. Ma per i cittadini comuni, in casi simili, scattano subito “atti dovuti” e provvedimenti.
Milano, il caso dei minorenni rom e le domande che restano senza risposta
A Milano, l’11 agosto, quattro minorenni rom – di età compresa tra gli 11 e i 13 anni – si sono impossessati di un’auto e, dopo una corsa spericolata, hanno investito e ucciso Cecilia De Astis, 71 anni, mentre attraversava la strada (Corriere della Sera, SkyTg24). La Procura ha aperto un fascicolo per omicidio stradale aggravato e omissione di soccorso, ma i ragazzi non rischiano un processo: in Italia chi non ha compiuto 14 anni non è imputabile.
Subito dopo il fatto, le famiglie dei minori – residenti nell’accampamento di via Selvanesco – si sono allontanate. Non per ordine dell’autorità giudiziaria, ma per sottrarsi al clamore mediatico e alle telecamere presenti all’esterno (Adnkronos).
Una libertà di movimento che un comune cittadino, coinvolto anche indirettamente in un fatto di pari gravità, difficilmente potrebbe permettersi, specie se soggetto a indagini o provvedimenti cautelari
L’episodio pone interrogativi sul grado di controllo familiare. Minori in età scolare, privi di patente e di qualsiasi autorizzazione, sono riusciti a mettersi alla guida di un’auto: per la Procura è un incidente stradale, ma la condotta – data l’età e la prevedibile pericolosità – potrebbe avvicinarsi più a un’ipotesi di omicidio colposo o preterintenzionale.
Il confronto con altri casi recenti rafforza il senso di disparità. Non più di un mese fa, il padre di un ragazzo morto in spiaggia dopo aver scavato una buca profonda è stato immediatamente indagato per omicidio colposo (La Repubblica).
Nel caso del maresciallo di Rimini, un’inchiesta è stata aperta subito dopo un intervento contestato, come spesso accade per agenti di pubblica sicurezza. In quelle circostanze, si parla di “atti dovuti”
Perché qui non sono scattati nei confronti dei genitori dei minori? L’essere apolidi o appartenere a una comunità rom garantisce un trattamento diverso?
Sul piano civile, l’articolo 2048 del codice civile stabilisce che i genitori rispondano dei danni causati dai figli. Tuttavia, in questo caso, è difficile immaginare un effettivo risarcimento: le famiglie risultano ufficialmente nullatenenti e, con ogni probabilità, non potranno coprire le spese dovute.
Così, oltre al dolore per la perdita, la famiglia di Cecilia De Astis rischia di subire anche la beffa di un danno economico mai compensato
Una misura che potrebbe rappresentare un primo passo verso la giustizia è la revoca della patria potestà, data l’evidente assenza di vigilanza.
Ma il problema è più ampio: quando il sistema giudiziario appare indulgente verso chi commette reati e non garantisce sicurezza né deterrenza ai cittadini, si incrina il principio di uguaglianza davanti alla legge
Ed è proprio in questi casi che la distanza tra giustizia formale e giustizia percepita diventa più difficile da colmare.
E in tutto questo la domanda che noi comuni cittadini ci poniamo è: quale giustizia potrà essere fatta per la morte di una cittadina?
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