Italia e campanili: politica e antipolitica

campanili

Questo è il grande paese dei campanili. l’Italia è mille sfaccettature, dalle mille identità locali. E mille è un numero eccessivamente a ribasso.

Un numero impressionante di idiomi. Non si sa quante divisioni, su un’infinità di argomenti che contribuiscono a frammentare un’indole individualista in una società che ha un senso di appartenenza profondo. Ma debolmente rappresentato da istituzioni viste come poco autorevoli.

Ma c’è anche una divisione netta che prevale su tutto, se si guarda dal punto di vista istituzionale. Di paesi ce ne sono due.

O meglio ci sono persone che vogliono il paese in un modo, e ci sono persone che vogliono il paese in un altro modo. C’è a chi va bene il parlamentarismo delle eterne larghe intese. Che magari possa ritrovare vigore tramite una balorda legge elettorale proporzionale in grado di consentire a partitini con poco più del 2%, o anche poco meno, di nullificare il voto della stragrande maggioranza degli italiani. Semplicemente perché capaci di tenere sotto scacco un governo.

C’è un paese dove i partiti continuano a determinare il capo dello Stato. Ad annullare con leggi ex ante o ex post il valore dei referendum. C’è un paese in cui ci sono i senatori nominati a vita.

Il campanile della magistratura

In cui possono scoppiare tutti gli scandali che si vuole, ma la magistratura continua ad agire nella medesima maniera. E se ci sono grandi magistrati, possono essere messi da parte o fare per poca carriera, se invisi al sistema. Ricordiamo che Falcone non era stato certo favorito dalle alte sfere del tempo. Mentre coloro i quali hanno distrutto la vita di un uomo come Enzo Tortora non hanno avuto alcun limite, nel fare carriera.

C’è un paese in cui cambiamenti non vanno bene, a meno che non siano quei cambiamenti gattopardiani che portino a cambiare tutto per non far cambiare niente.

Poi esiste un paese che non va più a votare. Ed è quel paese fatto di persone che non sopportano più le istituzioni. C’è un paese che non crede più nella politica. Ed è la terza via. Quella della scelta peggiore. Quella che si nutre di antipolitica ma che rischia diventare maggioritaria, per la stupidità e l’incapacità della classe dirigente di questo paese.

Perché forse bisognerebbe dare retta all’altra parte del paese. Quella che chiede ancora di mediare.
Di ridare sovranità e senso alla politica. Di permettere l’elezione diretta del Capo dello Stato, la scelta dei propri rappresentanti.

Quella scelta magari difficile, ma che potrebbe salvare ancora una casa precaria in cui tutti dobbiamo coesistere. La scelta di dar retta a chi ancora spera che il cambiamento delle istituzioni possa evitare la degenerazione qualunquista.

Una scelta che non potrà esserci sempre, perché l’antipolitica sta sempre più avanzando. Guadagna terreno e svuota il senso di appartenenza.

Ci sarà un momento in cui l’antipolitica sarà endemica e predominante. E la storia ha sempre insegnato che quando il popolo non tollera più le istituzioni, anzi crede che ci sia la necessità che queste periscano per la felicità comune, si hanno sempre sconvolgimenti che travolgono l’inadeguata classe dirigente del tempo.

 

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