Intervista all’Ammiraglio Nicola De Felice

Ammiraglio Nicola De Felice, ex comandante di Marisicilia presso la base Navale di Augusta, per molto tempo responsabile per la Difesa della Strategia e del discendente Piano d’Azione dell’UE per la Sicurezza Marittima. Militare di lunga carriera, ha raggiunto il grado di ammiraglio di divisione, venendo insignito di numerose onorificenze fra le quali quella di Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana, Medaglia Militare al merito di Lungo Comando, Croce commemorativa del Servizio Militare di Pace della Forza Multinazionale in Libano, Ufficiale al merito della Repubblica Tunisina, Medaglia Mauriziana.
Da alcuni mesi sta prendendo posizione riguardo le O.n.g., e l’arrivo costante dei balconi italia; ha voluto concederci la seguente intervista.

Ammiraglio De Felice cosa pensa dello scontro interno al governo sulla politica verso i barconi delle ong?

Le navi delle ONG davanti le coste libiche non fanno altro che alimentare il cosiddetto “fattore di attrazione”, innescando la partenza dei barconi dalla Libia con a bordo i “naufraghi a pagamento”. I mercanti degli esseri umani sanno bene dove mandare​ i barconi per andare incontro alle navi ONG, grazie alla conoscenza della loro posizione, rotta e velocità, facilmente deducibili dal tracciamento in tempo reale via Internet degli apparati di ausilio per la navigazione che le stesse navi sono tenute ad attivare. Lestesse ONG si attivano per​ fare i soccorsi in mare solo per fini politici.

Un commento sulle recenti posizioni del generale Tricarico?

Per una parte sono posizioni dettate dal buon senso. I migranti sono già naufraghi prima di partire. E’ come quando una persona paga un lestofante per farsi portare in mezzo all’autostrada, si sdraia in mezzo alla carreggiata facendo finta di stare male, ma solo per il fatto di approfittare della prima auto che passa per essere trasportato dove è intenzionato ad andare. Così è truffa. Per quel che riguarda invece​ l’idea di trasformare la Marina in una grande guardia costiera mi sembra una ingenua proposta.

Crede che l’Italia possa tener duro con l’Europa?

Sì. Il popolo francese e quello tedesco si renderanno presto conto che il popolo italiano ha ragione nel combattere questa immigrazione incontrollata. L’Europa è come un grande albero che ha radici profonde, diversi rami, ma comuni frutti, stesse tradizioni, varie identità ma stessa cultura, stesso senso del sacro.​ Ho molti amici all’estero e sono convinto che cambieranno prima o poi​ i rapporti e le sensazioni sulla problematica.

L’instabilità della Libia peggiorerà la situazione?

Non c’è dubbio. La situazione di instabilità latente in Libia​ può comportare gravi accelerazioni di flusso migratorio incontrollato. L’Italia ha il sacro santo dovere di fare maggiore pressione su chi in Libia può condizionare le manovre dei trafficanti di uomini, donne e bambini che dalle coste africane partono pagando gli scafisti per arrivare in Italia, in Europa. Bisogna saper osare affrontando la crisi alla radice e non aspettando gli effetti della stessa al limite delle nostre acque territoriali.​ Si deve applicare la cosiddetta “strategia diretta”,​ attraverso una volontà politica​ che indichi le linee guida in modo tale da poter permettere di agire in maniera coesa e sincronizzata dei principali strumenti di potere nazionale che sono quello diplomatico, militare, economico, informativo ed interno. Lo abbiamo già fatto in Somalia quando abbiamo azzerato gli attacchi dei pirati contro le navi mercantili, entrando nelle acque territoriali di quello Stato. Che si avvii con il governo legittimamente riconosciuto dall’ONU​ i doverosi passi politici adoperando adeguatamente gli strumenti del potere nazionale per procedere in tal senso.
Appoggiare il rovesciamento del Colonnello Gheddafi e le Primavere Arabe fu un errore ?

L’Italia aveva da poco concluso il” Patto dell’amicizia” con la Libia. Avevamo avviato un percorso di evoluzione positiva nei rapporti con la ex colonia, dando l’idea di potercela fare a cambiare rapidamente i rapporti con il popolo libico. E’ stato disastroso appoggiare la Francia di Sarkosy nell’attacco al Gheddafi, non siamo stati capaci a mantenere ferma la posizione di cautela e di contrasto a tale nefasta iniziativa che in un primo tempo il nostro ministro degli Esteri aveva annunciato in ambito UE. E’ in questi casi che si riconosce il vero peso politico di uno Stato sovrano.

L’Italia può avere una politica estera alternativa?

Certo. Occorre però che l’autorità politica al Governo si faccia meno “guerra” in casa e avvii una linea politica coerente, seria e diretta a condividere le priorità identificate dall’azione politica e si utilizzino coerentemente i già citati strumenti del potere nazionale. La politica nazionale di sicurezza​ deve rispecchiare principalmente un’azione politica che abbia come fine la tutela gli interessi nazionali​ che siano di tipo strategico, operativo o contingente. L’applicazione della strategia diretta deve partire da un chiaro intendimento da parte dell’Esecutivo al quale spetta il compito di delineare la gestione di una crisi, il livello di impegno, le risorse da dedicare, gli obiettivi, gli aspetti strategici della comunicazione nonché i ruoli dei vari Ministeri ed entità coinvolti. Nel caso della crisi in Libia, gli obiettivi nazionali – da perseguire possibilmente nel quadro dell’azione delle organizzazioni internazionali – sono da portare ad una fase di negoziato multinazionale.

Le forze armate con le riduzioni di questi anni sono adeguate per difendere i confini del paese?

Le Forze Armate soffrono da decenni di un continuo taglio delle previsioni di spesa che portano a ledere soprattutto i settori dello Sviluppo di nuovi programmi e dell’Esercizio, cioè del mantenimento in efficienza delle proprie capacità.​ Il budget assegnato alla Difesa è ben al di sotto del 2% del PIL richiesto dalla NATO per le spese militari. Eppure siamo i maggiori contributori dell’Organizzazione Atlantica e siamo una delle Nazioni che più di altre concorrono con i propri uomini e donne alle operazioni di stabilizzazione in varie parti del mondo. La qualità delle nostre capacità​ sono invidiate da molti, ma ci sono alcuni settori come quello logistico che hanno forti lacune. Alla lunga potrebbe essere determinante per l’efficienza delle Forze Armate italiane. Risulta altrettanto indispensabile e non delegabile mantenere autonome ed efficaci capacità che permettano all’Italia di detenere una superiorità proporzionata alla necessità di tutelare gli interessi nazionali. Con la consapevolezza che sia necessario tenere sotto controllo la spesa pubblica, l’autorità politica deve bilanciare le risorse per lo sviluppo di nuove capacità, nell’addestramento e nella manutenzione dello strumento militare; le disponibilità finanziarie devono essere congrue con il livello di ambizione individuato, certe ed il più possibile costanti nel tempo.

Cosa pensano gli uomini e le donne in divisa che non dicono di questa fave della storia italiana?

Credo che molti militari siano molto sconcertati del fatto che nei recenti casi di immigrazione clandestina esercitati da alcune ONG​ siano prevalsi posizioni politiche e giudiziarie che non tengono conto del diritto/dovere di difendere i propri confini,​ le norme internazionali ratificate dal Parlamento italiano, le leggi nazionali, le istituzioni come la Guardia di Finanza.​ Quando si va ad intaccare la sovranità dello Stato, occorre muoversi con cautela onde non esasperare le condizioni sociali, diplomatiche, giudiziarie e politiche della nostra bella Italia. Siano dunque mantenute capacità militari capaci di garantire la necessaria deterrenza e dissuasione nel contesto internazionale, nel Mediterraneo, in Atlantico e nell’Oceano Indiano in grado di intervenire rapidamente e con limitati tempi di preavviso. I nuovi domini economico-commerciali impongono peraltro la necessità di adeguare le leggi relative al mondo cibernetico: nel particolare, si approvi una legge che permetta la condotta di operazioni militari nell’ambiente cibernetico.

Nascono sempre meno italiani e vogliono arrivare sempre più migranti tra vent’anni ci sarà ancora l’Italia?

L’autorità politica si assuma la responsabilità di indicare le priorità e le linee guida per le risorse umane e finanziarie in coerenza con l’evoluzione ed i rischi emergenti, derivanti dalle connessioni dei flussi migratori clandestini con le organizzazioni criminali e terroristiche, dai conflitti interetnici, dalla incredibile denatalità che il popolo italiano sta subendo, e più in generale dalla carenza di governance del sistema internazionale. Ogni sforzo deve essere fatto per formare una mentalità che, attraverso l’educazione, la coesione e la motivazione della comunità italiana, agisca da fattore moltiplicatore nell’impiego delle capacità dello Stato anche con un intelligente ​ e rinnovata funzione sociale della famiglia e della scuola, a beneficio del mondo del lavoro e dell’occupazione giovanile affinché il riprodursi non sia più sentito come un peso, un’impresa troppo ardua da affrontare.

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