Contro l’innovazione, a prescindere

La mentalità retrograda per partito preso. Malattia incurabile.

Il nuovo è male.

Partiamo da questo assioma pentastellato per costruire tutto un castello accusatorio contro ciò che potrebbe rappresentare qualcosa al momento decisamente utile a questa povera Italia, sempre più in mano a sprovveduti cocchieri.

Voglio cominciare la lista da ciò che mi è più vicino: l’aeroporto Amerigo Vespucci di Firenze. Nato nel lontano 1931 grazie alla Legge Balbo sulla promozione dell’aviazione militare e civile, ebbe la pista orientata nella direzione attuale perché Monte Morello potesse proteggerlo dalle incursioni nemiche. Ad oggi, con gli aerei leggermente diversi da quelli degli anni ’30 e ’40 ci siamo resi conto che  l’attuale pista è sottodimensionata e orientata in maniera non proprio ottimale. Infatti basta che ci sia un vento appena più sostenuto di una brezza leggera che spiri da sud e… ciao: aeroporto chiuso.

Chi, come il sottoscritto, viaggia di frequente sa che i dirottamenti su Pisa e Bologna sono piuttosto comuni.

Andiamo a nord. La TAV e i NO-TAV. Ma di cosa vogliamo parlare? Di gente che non vede più avanti del proprio naso, che non si accorge che una linea ferroviaria di alta qualità significa la mobilità del futuro? Forse è molto meglio continuare a girare in auto e in camion, bruciando carburanti fossili e intasando le autostrade.

Finiamo a sud: la TAP. Il gasdotto Trans-Adriatico. Che inquinerà (come?) le terre pugliesi, a me tanto care.

E il Terzo Valico? E la Gronda di Genova?

Spaventa il fatto che sia proprio il Ministro delle Infrastrutture uno dei maggiori esponenti di tutti questi “ripensamenti”.

Queste ingenti opere infrastrutturali non portano solo costi per la Nazione. Certo che se vivessimo in un paese civile dove non ci volessero 61 milioni per costruire ogni chilometro di ferrovia ad Alta Velocità (contro i 10 di Francia e Spagna), magari si farebbero meno buchi di bilancio. Queste opere sono opportunità di crescita nazionale e soprattutto lavoro. Lavoro nel costruirle, lavoro nel gestirle, lavoro nel mantenerle. Le rinascite partono sempre dalle infrastrutture.

Oppure vogliamo tornare ai treni a vapore, agli spostamenti a cavallo e al valico delle Alpi per andare in un’altra nazione? Magari chi è avverso alle novità dovrebbe provare a muoversi in bici, a lavarsi solo con acqua fredda (magari dal secchio e non aprendo un rubinetto) e a chiudere il benamato telefonino in un cassetto.

Consiglierei a Toninelli di mettersi a sedere sullo splendido Ponte dello Stretto di Messina e riguardare questa bella Italia dove potrebbe arrivare.

 

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