Inflazione mai vista sulle sponde dell’Atlantico

Una tempesta perfetta si sta per abbattere sulle economie di Europa e USA, ma cause diverse impongono soluzioni diverse.

A giugno, la febbre inflazionistica nella zona euro segna 8,6% l’anno, superando l’8,1% di maggio. Tasso mai raggiunto da quando esiste l’Unione economica e monetaria. Pari al tasso americano di maggio, record dagli anni 80, da quando era presidente Ronald Reagan. Tuttavia a tassi pari tra Europa e Stati Uniti non corrispondono cause identiche per l’aumento dell’inflazione. Al primo posto per entrambi i sistemi monetari c’è, manco a dirlo, l’inflazione indotta dalla componente energetica. Che a marzo 2022 valeva, all’anno, il 39% in Europa e il 34% in America. Significativamente però oltre Atlantico le componenti meno volatili dell’inflazione sono preponderanti. Infatti i tassi per beni industriali, servizi, e abbigliamento sono doppi o anche tripli rispetto a quelli europei. Questo ci dice che negli Usa l’inflazione non è un fenomeno passeggero, come poteva essere qualche mese fa. Le imprese, le famiglie, i consumatori, ci si stanno abituando.

Aree monetarie differenti

Per contrastare l’inflazione La Fed ha già alzato in giugno i tassi dello 0,75%. È stato l’aumento più grande dal 1984. La Fed ha effettuato un ulteriore aumento dello 0,75%  il 27 luglio scorso. Questo potrebbe accadere anche in Europa, ma saremmo solo all’inizio del processo. Che definiamo di radicamento. In parole più semplici, le due aree monetarie differiscono abbastanza nell’inflazione core. Che rappresenta l’indice inflattivo, escludendo dal paniere solitamente considerato per le statistiche i beni con prezzi tendenzialmente più volatili. Sono considerati beni con prezzi più volatili gli alloggi, i beni energetici, gli alimentari, l’alcol e il tabacco. Per questo l’inflazione core rappresenta di fatto la fetta di inflazione che non è indotta da cause esterne. Non a caso sono esclusi gli idrocarburi, che mancano dal mercato a causa dell’embargo. In concomitanza con la speculazione finanziaria connessa al commercio globale dei prodotti petroliferi.

L’inflazione core

Ricordiamo che negli anni 70 del secolo scorso l’embargo dei Paesi arabi provocò l’uscita dal mercato di circa il 5% del greggio. Questo portò l’aumento del greggio da 3 dollari al barile a 12 dollari al barile. Quattro volte tanto. L’inflazione core, invece, misura la quota di inflazione che tende a divenire duratura, cioè a radicarsi nella zona monetaria interessata. Ovviamente di solito anche i beni core risentono, ma in modo minore, delle variazioni di prezzo dei beni volatili. A vario titolo, infatti tutti i beni industriali, anche indirettamente, risentono del prezzo degli idrocarburi. Incrociando i dati economici vediamo che le inflazioni simili registrate sulle due sponde dell’Atlantico non hanno la stessa origine. E non avranno probabilmente neanche la stessa durata.

Leggiamo i dati dell’inflazione

I dati ci dicono che effettivamente lo scarto tra inflazione totale e inflazione core registrato nell’eurozona e negli Usa è da record e continua a crescere. Perché viene trascinato verso l’alto principalmente dai prodotti petroliferi. Allo stesso modo i dati inflattivi che nella zona euro avevano copiato quelli americani ora se ne stanno allontanando. L’economia Usa tende di più a inglobare l’inflazione anche nei beni meno volatili a causa per esempio della bassa disoccupazione che spinge i salari. L’inflazione americana attiene quindi all’eccesso di domanda. Nella zona euro invece l’inflazione dipende più da fonti esogene, e di conseguenza, dalla mancanza di offerta. Quindi bisogna applicare soluzioni diverse per problemi diversi.

Il ruolo delle banche centrali

L’inflazione dipende strettamente dalla politica monetaria e non da altri interventi. Per cui sta alla Federal Reserve ed alla Banca centrale europea sfruttare gli strumenti idonei in loro possesso per ottenere risultati di lungo respiro e questo nell’ambito dei propri rispettivi statuti, che ricordiamo non sono sovrapponibili. Senza appiattirsi sulle richieste dei governi in carica. I quali mai si adatterebbero ad una battuta d’arresto delle loro economie mentre sono in carica, neanche davanti ad una perfetta tempesta inflazionistica come quella che si profila all’orizzonte.

 

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FONTE: ilsussidiario.net

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