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Home Firenze

Inchiesta sulla desertificazione commerciale in Toscana

di Franco Banchi
12 Agosto 2025
In Firenze
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La Toscana rimane arancione fino al 28 marzo
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Inchiesta sulla desertificazione commerciale in Toscana: la politica deve reagire con un decalogo creativo e concreto. L’occasione delle imminenti elezioni regionali

Numeri impietosi sulle chiusure nella nostra regione

Nel 2024 in Toscana hanno chiuso ogni giorno 10 negozi contro i 4,2 che hanno aperto, con un rapporto di 2,4 e un totale di 3645 chiusure nell’anno. È l’allarme sulla desertificazione commerciale in Toscana.

A questo pesante bollettino deve essere aggiunto un altro dato demografico preoccupante: la popolazione toscana, 3.664.798 abitanti nel 2023, è diminuita del 2% rispetto al 2014, con un calo più marcato nei micro-comuni con meno di 5mila abitanti (-6%) e nei comuni tra 10mila e 15mila abitanti (-2,5%)

Contestualmente si è registrata una perdita di importanti servizi, sportelli bancari, distributori di carburante e altri ancora. Ben 201 comuni sono interessati dal processo di desertificazione, con la sparizione di attività di base in 84 comuni (una sola attività), 73 comuni (due attività).

Dal necrologio ad una politica attiva che guardi oltre

La perdita delle botteghe di prossimità è, come visto, un problema composito, a cui si aggiunge una forte dinamica di coesione sociale: “Senza commercio di vicinato, non c’è comunità”.

I negozi di vicinato non sono dunque da considerare soltanto come semplici punti vendita, ma anche come preziosi presidi di sicurezza e relazioni umane, che incoraggiano la creazione di luoghi di incontro e socialità, elementi essenziali per il dinamismo e l’attrattività di una città o di un borgo.

La loro scomparsa implica una progressiva riduzione dell’accessibilità a beni essenziali, soprattutto per le fasce di popolazione più vulnerabili come anziani e persone a mobilità ridotta

È pure da sottolineare come il negozio di paese rappresenti un modello più sostenibile rispetto alla grande distribuzione. Meno imballaggi, filiere più corte, minori spostamenti in automobile: sono tutti fattori che contribuiscono a ridurre l’impatto ambientale.

Un bene comune da gestire in modo partecipativo

Il tema diventa così una questione che afferisce al “bene comune”, ad un modello di sviluppo, non solo materiale, in cui la perdita esponenziale dei negozi di vicinato è vista come un patrimonio collettivo da gestire in modo comunitario, specialmente nei borghi e piccoli comuni.

Per progettare ed attivare soluzioni in ordine a tale complesso problema servono politiche di partecipazione sociale, economica e civile. Proviamo ad evidenziare alcune proposte.

È l’ora di progetti personalizzati, sana mutualità, sinergia tra comparti e investimenti nella formazione

Non serve un’ottica generica, ma slancio e risorse tarate sui centri commerciali naturali, allo scopo di scrivere progetti “personalizzati”, a seconda delle diverse aree della nostra regione, che hanno esigenze differenti (centri storici urbani, comuni medi e micro-comuni). A seguire occorre riscoprire una sana mutualità, costruita sulla collaborazione tra i negozianti. Creare reti di scambio e consorzi può aiutare i negozi di vicinato a competere con i grandi distributori, offrendo servizi migliori e prezzi competitivi.

Al riguardo appare fondamentale la sinergia tra comparti, come ad esempio la messa in opera circuiti di vendita diretta tra agricoltori, artigiani e commercianti, botteghe multifunzionali nei borghi e nei paesi interni, sinergie con il turismo nelle strategie di promozione territoriale, marchi distrettuali, provinciali e regionali

Investire nella formazione e nell’aggiornamento professionale dei commercianti potrebbe migliorare la loro competitività, aiutandoli ad affrontare le sfide di un mercato sempre più competitivo e digitalizzato.

Commercio locale e mondo digitale

Una delle frontiere privilegiate è quella che sta cercando di incrociare il commercio locale e il mondo digitale, evitando una pericolosa dicotomia.

Ultimamente sono nate delle piattaforme sperimentali molto interessanti e di facile gestione con l’obiettivo di superare l’inefficacia dei risultati di ricerca online tradizionali, consentendo agli utenti di individuare e acquistare rapidamente prodotti specifici disponibili localmente, nelle vicinanze, sotto casa.

Ma le stesse piattaforme servono allo stesso tempo i commercianti

Ad esempio, per sostenere le attività commerciali locali nella transizione digitale, la piattaforma Itemty (creata da due giovani studenti milanesi) offre gratuitamente il suo sistema di gestione POS, un software che semplifica la gestione quotidiana dei negozi, fornendo un sistema di inventario facile da usare, un tool predittivo di intelligenza artificiale per migliorare l’efficienza dei rifornimenti, del magazzino, delle scorte fino alla gestione del personale.

Un ventaglio di proposte tra creatività e concretezza

Un’importante leva per passare dalla diagnosi alla cura è quella che si propone di attivare accordi tra Comuni, associazioni e proprietari per agevolare la definizione formale di canoni di locazione calmierati, in particolare nei quartieri e nei quadranti più fragili e rendere accessibili gli immobili anche alle imprese commerciali nascenti o in difficoltà. Questi accordi possono anche contribuire alla riqualificazione dei luoghi, promuovono un uso più efficiente del patrimonio immobiliare esistente e riducono i rischi per tutti gli attori in campo.

Da considerare anche una flat tax anti-desertificazione (chi avvia un’impresa in un’area a bassa presenza commerciale dovrebbe poter usufruire di un regime fiscale e burocratico di vantaggio)

Una risposta importante può venire dai finanziamenti degli Enti locali e regionali a fondo perduto. Lo scopo quello di facilitare l’insediamento di nuove attività anche in zone commercialmente critiche e offrendo sostegno a quelle che rischiano di chiudere per mancanza di un ricambio generazionale (soprattutto quelle uniche di stretta necessità). Non si tratta di contributi a pioggia ma di fondi che saranno destinati a un numero limitato di imprenditori, per un tetto massimo pre-determinato a fondo perduto. Tra le voci che potranno essere rendicontate ci saranno le spese d’affitto, il rinnovo o l’acquisto del mobilio interno ed esterno e molto altro.

Altre misure sono possibili, come quelle previste dal Comune di Pordenone.Tra le già adottate vi sono l’abbattimento della tassa sull’immobile interessato, la diminuzione delle tariffe per la sosta a pagamento, un’attenzione rinnovata verso i dehors,, il nuovo regolamento di polizia urbana che sensibilizza sul decoro delle aree pubbliche con un “patto di via” che rende corresponsabili gli esercenti in quanto “sentinelle del territorio”

In alcuni territori, in particolare quelli montani o in contesti di marginalità, si sono stipulati patti tra enti locali ed esercenti, impegnati a condividere tutte le soluzioni, tra le quali nuovi sportelli automatici Postamat ed il portale rivenditori “PuntoLIS”, ovvero centri di appoggio e servizio multifunzionali presso negozi di vicinato, come tabaccherie e farmacie, dove sarà possibile accedere a servizi postali di base e non solo.

Proposte che vengono dalle Regioni: confronto impari tra Friuli e Toscana

La Regione Friuli prevede contributi a fondo perduto a sollievo dei costi di funzionamento di unità locali di esercizi di vendita di vicinato (fornitura di acqua, energia elettrica, riscaldamento dei locali e telefonica, canone affitto) ubicati nei comuni della regione aventi una popolazione non superiore a 5.000 abitanti ovvero nelle frazioni/località dei comuni con popolazione compresa tra 5.000 e 15.000 abitanti. Microimprese che esercitano la vendita al dettaglio di vicinato con superficie di vendita fino a 250 metri quadrati. Il fondo arriva ad ammettere ordinariamente il 50% della spesa preventivata, arrivando addirittura al 100% se l’esercizio di vendita copre almeno tre dei seguenti servizi di prossimità:a

a) consegna a domicilio;
b) supporto ai servizi postali;
c) vendita di giornali e riviste;
d) vendita prevalente di prodotti locali o di provenienza regionale;
e) utilizzo di eco-compattatori e di attrezzature e strumentazioni necessarie per la vendita di prodotti alimentari e detergenti sfusi;
f) adesione a progetti di recupero delle merci invendute;
g) accesso a internet mediante la messa a disposizione di rete wi-fi o di postazione multimediale;
h) servizio fotocopie e scansione documenti, nonché assistenza gratuita mediante affiancamento della clientela nello svolgimento di adempimenti burocratici documentati sia in modalità cartacea tradizionale che elettronica digitale.

La Regione Toscana è intervenuta sull’argomento approvando la legge sulla Toscana diffusa, inserita nel bilancio 2025-27 (legge cornice con tanti interventi molti diversi tra loro).

Prevede infatti molte voci, come ad esempio, acquisto alloggi, incentivi comparto agroalimentare e incentivi ai negozi.

La cifra specificamente destinata al mantenimento degli esercizi di vicinato è di soli 500mila euro (su 2.3 milioni complessivi).

Se si pensa che il Friuli, che ha una popolazione cinque volte più piccola della Toscana, ha stanziato solo per il presente anno 620mila euro ed ha dedicato al problema un focus risolutivo assolutamente mirato sui negozi di vicinato, abbiamo la plastica rappresentazione delle differenze.

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Tags: CONFCOMMERCIODesertificazioneIN EVIDENZAREGIONE TOSCANATOSCANA
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