Immigrazionismo selvaggio. Il nuovo mantra dei radical-chic

Immigrazione

Spesso chi sostiene le tesi favorevole ad un’immigrazione incontrollata sostiene solitamente due teorie di base.  È particolarmente interessante analizzarle poiché esse altro non solo che due assunti sui quali basano molta della loro teoria gli immigrazionisti più o meno di ogni parte del mondo.

Sostanzialmente :

A riguardo del primo punto, sostenere che la storia preveda qualcosa da sola è esattamente come sostenere che una città si costruirà autonomamente su un modello predefinito perché le pietre si poggeranno in punti prestabiliti per fare gli edifici.

La storia cammina sulle gambe degli uomini

Se la storia può insegnarci qualcosa in merito alle civiltà, alla loro evoluzione ed al loro declino è perché gli uomini assumono o non assumono determinati comportamenti.

Cosa, nella storia, si può dire che fosse previsto? Non era logico pensare che gli ottomani avrebbero preso Vienna? Erano ad un passo, sembrava che il Sacro Romano Impero sarebbe collassato, e con lui l’Europa. Eppure nulla, la volontà ferrea di pochi ha dato il corso alla storia.

Si sarebbe potuto prevedere che la Russia si sarebbe rialzata dopo il tracollo del comunismo, e che di lì a poco fosse la potente America ad essere messa in discussione? Eppure sembrava inevitabile, era tracollato tutto ma Putin è stata la risposta di un popolo inattesa dal mondo.

Sempre un movimento di uomini. Perché la storia non ha un corso, ha una direzione sulla quale coscientemente o no influiscono gli uomini. Certo ci sono eventi imprevedibili come le catastrofi naturali, ma questi non avvengono perché la storia ha una propria volontà.

In merito al secondo assunto. L’immigrazione

Io credo che basti guardare seriamente per un attimo al mondo moderno per vedere come i veri vincitori della globalizzazione sono sostanzialmente quei paesi che non hanno mai subito la globalizzazione dal punto di vista etnico e culturalmente omologante.

Pensiamo alla Cina, alla Russia, all’India, al Giappone.  Questi paesi mantengono intatta la loro cultura, tengono le minoranze etniche ben lontane dal poter determinare il destino di quel paese, l’immigrazione è permessa in bassissime percentuali. Eppure sono i più forti.

I veri vincitori della globalizzazione sono i popoli che non accettano di sottomettersi alla globalizzazione stessa, e di dimenticare il patrimonio dalle loro stesse radici poiché fieri delle loro identità. Quei popoli che la globalizzazione la usano a loro vantaggio.

La storia è certamente fatta anche di migrazioni. In bassa percentuale i popoli ne giovano da sempre. Però se i nuovi arrivati superano il numero degli autoctoni o prendono il sopravvento nelle decisioni di governo, allora si è sempre verificato il tracollo dei popoli oriundi.

I nativi americani che fine hanno fatto in America? Gli inca, gli aztechi che nazione governano? Dove sono finiti i bizantini? Non si sono rigenerati, sono stati travolti, dominati, in taluni casi estinti, relegati ad un ruolo marginale.

Fondamentalmente un invasione è un invasione. E questa non è neppure globalizzazione perché i nuovi arrivati non si omologano ma creano spesso comunità etnicamente e culturalmente compatte.

Oggi chi muore è il popolo italiano, a morire sono i popoli europei

Troppi accettano passivamente la globalizzazione come un fatto inevitabile.

Così facendo però prima di tutto si inchinano allo sfruttamento apolide, poiché esso stesso mal tollera confini che ne limitino gli sproporzionati appetiti sulla pelle degli esseri umani.
Non è un esigenza dell’uomo, è un esigenza di chi sfrutta gli uomini non avere frontiere, ordinamenti giudiziari, governi con i quali fare i conti.

Un mio amico sosteneva che oggi non possiamo avere stati nazionali perché una transazione di milioni di euro viaggia dalla Cina al Brasile alla velocità della luce. Dunque dobbiamo assoggettare il futuro di miliardi di esseri umani ad un movimento virtuale di soldi virtuali tra uno speculatore e l’altro. Proprio il trionfo della democrazia globale…

 

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