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Home Cultura

Il prezzo della modernità

di Francesco Petrone
19 Maggio 2025
In Cultura
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Il Quoziente Intellettivo medio diminuisce ogni anno
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Il prezzo della modernità

Ogni progresso ha anche un prezzo, una contropartita, ci arricchisce ma ci priva anche di qualcosa.

Chiedo scusa se per una volta mi vedo costretto a fare una citazione autobiografica, ma ritengo che risulti proficua per una maggiore comprensione dell’esposizione

Molti forse ricorderanno ancora un vecchio film interpretato da Renato Rascel intitolato “Policarpo de Tappetti ufficiale di scrittura” con la regia di Mario Soldati. La storia trattava in modo brillante della vita di uno scrivano al servizio dell’Amministrazione dello Stato, al tempo in cui sui registri si scriveva in bella calligrafia con penna ed inchiostro.

Un lavoro che doveva essere eseguito a regola d’arte da impiegati con le consuete soprammaniche di cotone nero per impedire che si macchiassero i polsini della camicia.

Il film era ambientato nel periodo storico in cui apparvero le prime macchine da scrivere Olivetti negli uffici dello del Regno d’Italia nei primi anni del Novecento

Esiste un accento della narrazione in cui la storia tratta con una certa nostalgia la svalutazione dell’arte della scrittura, perché di vera arte si trattava. Infatti la bella calligrafia era anche una materia scolastica dove si insegnava il garbo che doveva avere l’occhiello delle elle e la sua esatta inclinazione. Il garbo era dato anche dalla pressione esercitata sul pennino il quale allargandosi e restringendosi conferiva i vari spessori alle curvature.

Soldati ci fa comprendere, anche se con voluta leggerezza, che ogni progresso comporta, oltre ad un incontestabile vantaggio, anche l’oblio di discipline secolari se non addirittura millenarie, patrimoni dell’umanità che vengono sacrificati sull’altare del progresso e della praticità.

Ricordiamo che Soldati fu anche uno dei primi cultori ed estimatori della perduta civiltà contadina che si stava estinguendo lentamente

Più modestamente anche il sottoscritto ha vissuto un’esperienza analoga. Avevo realizzato l’aspirazione che avevo dalla fanciullezza e che consisteva nel desiderio di diventare un disegnatore e l’ambizione sembrava realizzata definitivamente. Così riflettevo del mio ufficio mentre una parte veniva riservata a contenere il caratteristico tavolo inclinabile da disegno con tecnigrafo. In quegli anni, frequentemente, i corridoi degli Uffizi erano il luogo di lavoro per rilievi da eseguire.

Però, dopo un lungo periodo, come nel film di Soldati era subentrata la macchina da scrivere, nel mio caso è subentrato l’utilizzo generalizzato del programma di disegno del computer, l’autocad

Mi ricordo la stanza riservata all’archivio dei disegni alla Soprintendenza ai Beni Architettonici, dove erano custoditi tutti i disegni, di tutti i musei e palazzi fiorentini, le facciate coi prospetti, e le piante. Migliaia di disegni catalogati ed.ereditati da generazioni di disegnatori di tutto il secolo scorso. Alcuni erano vere opere d’arte in cui era riprodotta anche ogni pietra del bugnato di alcuni palazzi.

La professione del disegnatore scomparve dall’oggi al domani come era scomparsa quella dello scrivano un secolo prima con i vari tipi di calligrafia come il corsivo inglese che era tra i più diffusi ed eleganti

La manualità col progresso è inevitabile che venga sempre più sacrificata come era accaduto anche con l’artigianato che è andato scomparendo con l’industrializzazione e la meccanizzazione della produzione. Con ll’industrial design si è cercato di sopperire al tramonto della manodopera artigianale con la linearità compatibile con la produzione meccanizzata.

Tutta questa premessa per poter affermare che ogni conquista oltre ad arrecare indubbi vantaggi, sottrae sempre qualcosa di importante, dato che nessun progresso è totalmente gratuito

L’apparire della fotografia, ad esempio, ha mutato il mondo radicalmente però ha recato anche indubbi guasti che si sono potuti osservare solo col tempo. Un fenomeno culturalmente importante come l’arte figurativa, ad esempio, è stata la vittima di questa innovazione essendo stata stravolta radicalmente.

Infatti, dalle mirabili pitture parietali rinvenute nella grotta di Altamira che possono risalire anche a 30.000 anni fa, pitture che raffigurano animali di grossa taglia e mani umane, agli affreschi michelangioleschi della Cappella Sistina, lo scopo non era fare dell’arte ma raffigurare e rappresentare delle scene e proporre allo spettatore la stessa visione

Lo stesso discorso vale per i mosaici, i bassorilievi, i quadri, le sculture. Quello che noi denominiamo arte era concepita come la intendevano i Greci, imitazione della natura. Con la fotografia, un processo meccanico arriva più velocemente e in modo automatico alle medesime finalità anche se più freddamente. A questo punto l’arte, per sopravvivere all’automatismo deve mutare natura. L’arte, lentamente, con le avanguardie, inizia a intellettualizzarsi, allontanandosi in modo sempre più vistoso dalla gente comune. Questo perché attualmente questa disciplina si sente affrancata dall’esigenza della rappresentazione.

Così da mezzo immediato di comunicazione per un pubblico colto o analfabeta che fosse, si trasforma radicalmente e da inclusiva, diviene esclusiva

Per comprenderla, sembra che occorra studiare un linguaggio quasi esoterico per iniziati. Si arriva alla non raffigurazione, alla pittura informale, a Luciano Fontana, a Jackson Pollock, a Marcel Duchamp, l’arte diviene la rappresentazione di forme inesistenti, di colori inesistenti, in universi inesistenti come in Vasilij Vasil’evic Kandinskij, fino all’arte che caratterizza le biennali di Venezia. Una pretesa rappresentazione culturale in cui viene data la preferenza al concetto piuttosto che alla rappresentazione.

Lo stesso Cacciari riconosce questa inversione di tendenza nell’arte contemporanea. Se vogliamo analizzare filosoficamente i vantaggi controbilanciati sempre da una perdita occorre ascoltare quel che lascia detto Platone sull’insegnamento acquisito grazie alla scrittura. Il filosofo che da giovane era stato un attento allievo di Socrate che insegnava solo tramite il dialogo, vede la netta differenza esistente con l’apprendimento tramite la scrittura

Ne parla attraverso il dialogo Fedro. Innanzitutto ritiene giustamente che la scrittura può indurre a credere di possedere la conoscenza a causa di un apprendimento superficiale. La scrittura mancherebbe del processo integrativo che possiede il dialogo diretto. Inoltre Platone pensa anche al fattore mnemonico che la scrittura ha compromesso definitivamente.

Se pensiamo che sia i poemi omerici che quelli indiani del Ramayana e del Mahabharata furono composti prima di essere trascritti ed erano cantati a memoria, ci rendiamo conto degli esercizi mnemonici a cui le menti degli antichi erano sottoposte. Platone non aveva tutti i torti anche se i vantaggi della scrittura sono indubbi perché avrebbe democratizzato la cultura

La scienza moderna ha compreso che le troppe facilitazioni non stimolano le intelligenze ma semmai potrebbero ottenere l’ effetto inverso facendo impigrire la mente. Il ragionamento è semplice, se l’uomo primitivo ogni giorno doveva risolvere in solitudine problemi di vitale importanza, comprendiamo come è avvenuta l’evoluzione. Infatti le facilitazioni del progresso rendendo molto più semplici molti compiti possono limitare le capacità di creatività.

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Tags: Arte modernaIN EVIDENZAPitturaProgressoScrittura
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