Il papà di Gioele accusa: “Le ricerche sono state un fallimento”

GIOELE

Giole – Era quasi certo, “al 99%” si era detto nell’immediatezza, che quei poveri resti trovati sulla collina di Caronia, fossero di Gioele Mondello. Adesso il riconoscimento da parte del padre Daniele delle scarpette individuate in quella zona, danno una conferma ulteriore. L’omicidio-suicidio resta tra le piste seguite dai pm secondo cui mamma e figlio sono morti nello stesso posto.

Daniele Mondello uscendo dalla Questura di Messina aveva rilanciato le sue accuse: “Le ricerche sono state un fallimento”. Per il cugino avvocato “la credibilità dello Stato è fortemente compromessa”.

L’avvocato Pietro Venuti ha spiegato all’AGI che al padre sono state mostrate solo le scarpine blu, e non gli altri reperti, brandelli di una maglietta blu e di pantaloncini bianchi: “Si è voluto evitare  uno strazio aggiuntivo. E’ stato sufficiente riconoscere le scarpette come quelle del figlio Gioele”. Le ha comprate lo stesso papà, insieme a Viviana, ha detto Daniele piangendo durante questo nuovo drammatico passaggio.

Ha poi confermato che attendono la convocazione per l’autopsia. E che oggi è stato prelevato il Dna al padre di Gioele e al padre di Viviana Parisi, Luigino, per il definitivo riconoscimento.

Il procuratore Angelo Cavallo

Per il procuratore Angelo Cavallo, Viviana e il figlio sono morti nello stesso posto. L’omicidio-suicidio resta tra le ipotesi seguite: “Noi stiamo procedendo per questo tipo di reati che rimangono ancora iscritti, naturalmente a carico di ignoti ed è chiaro che sono queste le ipotesi”. Ma in questo momento, sottolinea, “tutte restano aperte”.

Gli accertamenti medico-legali serviranno anche a capire se si sia trattato di un decesso contestuale o avvenuto in momenti separati: bisogna ricostruire innanzitutto i percorsi compiuti da Viviana, da Gioele, da altre persone, anche degli animali: dalla zona dei resti, attraversando una sessantina di metri di sterpaglie, si arriva ad un sentiero che in circa trecento metri potrebbe portare al traliccio. Importante, dunque, ha sostenuto, sarà il lavoro di una task force di esperti e professionalità che sarà presto formata.

Indicazioni utili verranno anche da un team di esperti

Scandisce il procuratore: “Abbiamo un’idea”. I consulenti “danno subito delle indicazioni sulle quali noi lavoriamo, fermo restando tutti gli accertamenti che arriveranno successivamente. Quando si parla di 90 giorni da parte dei periti, è per il deposito della relazione scritta, ma ovviamente le loro idee loro se le sono fatte e ce le comunicano per orientare le indagini. Ci sono delle piste che riteniamo più attendibili di altre”.

Indicazioni utili verranno anche da un team di esperti: “Abbiamo bisogno di un po’ di tempo per individuare le professionalità che riteniamo le più indicate per arrivare a dare una risposta a quello che è successo e rispondere ai quesiti che ci stiamo ponendo in questo periodo”. Poi la precisazione: “Il corpo del bimbo non è mai stato spostato”.

Al limite l’ipotesi è che gli animali siano intervenuti e abbiano operato una dispersione dei resti. Non ho mai parlato di uno spostamento del corpo a opera di chiunque”. Di certo, per Cavallo, “occorre ancora capire e appurare” come quei resti ossei dal traliccio siano arrivati al luogo in cui sono stati trovati.

Riecheggiano le accuse della famiglia, di papà Daniele in particolare: “Cinque ore di lavoro di un volontario rispetto a 15 giorni di 70 uomini esperti, mi fanno sorgere dei dubbi oggettivi sui metodi adottati per le ricerche. La mia non vuole essere una polemica, ma la semplice considerazione di un marito e padre distrutto per la perdita della propria famiglia”.

“La credibilità dello Stato ne esce fortemente compromessa”

Anche il cugino avvocato, Claudio Mondello, è duro sul punto: “Persino per ritrovare Gioele la mia famiglia ha dovuto fare affidamento sulle proprie forze: ancora una volta ha dovuto ‘metterci una pezza’. La credibilità dello Stato ne esce fortemente compromessa e non posso che dolermene. Devo, tuttavia, ringraziare i tantissimi volontari che ci hanno sostenuto col loro sudore ed amore. E’ una Italia che ci restituisce speranza”.

Giuseppe Di Bello, l’ex brigadiere dei carabinieri, di Capo d’Orlando, ne è convinto: “Gioele ha accompagnato i miei passi. Mi sono immedesimato in un bambino di 4 anni, che il pomeriggio è lì, la mamma non dà segni di vita e appena arriva il buio non va verso l’alto, ma insegue la luce, quella del tramonto, della luna, o le luci che si intravedono dalla Marina di Caronia”. Racconta di avere percepito un “odore non gradevole. Andavo avanti e indietro, ma lo sentivo solo lì.

Ho alzato i rami è ho visto che c’era parte di un corpo”. I cani molecolari? “E’ difficile per loro entrare e operare tra questi arbusti così fitti”. E ancora: “Sono padre e nonno capisco cosa sta provando la famiglia. Da quindici giorni avevo un magone, volevo andare… la sera prima è stata mia moglie alla fine a dirmi: ‘perché non vai, tu sei bravo, conosci i boschi… puoi dare un contributo…’. E così sono andato”.

 

fonte: agi.it

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