Il Giorno dei morti. Halloween non ci appartiene

Ci siamo: è tutto un gran pullulare di vestiti in maschera, zucche intagliate e finti mostri. Del resto domani è Halloween. E bisogna festeggiare.

Da buoni schiavi della subcultura consumistica americana, abbiamo mutuato questa festività e, dando un bel calcio negli stinchi (per non dire peggio) alle feste di Ognissanti e dei Morti, ci siamo ormai convertiti alla frase “dolcetto o scherzetto”.

All Hallows’ Eve: la viglia di Tutti i Santi. Ecco da dove deriva la parola Halloween. Una festa celtica irlandese che unisce il paganesimo tipico di quelle culture, all’avvento del cristianesimo. Non è un caso infatti che le date coincidano.

Il vestirsi in maschera, le zucche con dentro le candele e il bussare ad ogni porta per avere un dolcetto, derivano dal fatto che in Irlanda si credeva che le anime dei morti (da qui il vestirsi in modo pauroso) tornassero a fare visita ai propri cari per rifocillarsi. Questi lasciavano quindi fuori delle proprie porte cibi e latte ben illuminati in modo che i morti fossero soddisfatti e non facessero dispetti ai poveri vivi.

Ovviamente, con l’andare avanti dei tempi, e con l’andare oltre oceano, tutto ha assunto un significato meno poetico e più consumistico. E come spesso accade questo rito, come un boomerang è tornato nel vecchio continente corrotto e sputtanato.

Purtroppo abbiamo voluto adeguarci agli stili anglosassoni anche se non ci appartengono e quindi invece di celebrare i nostri morti andando il 2 novembre a visitarli, adesso facciamo una carnevalata fuori stagione che non solo coinvolge i bambini piccoli, ma anche molti adulti che, probabilmente, non hanno di meglio da fare.

Quanto mi mancano le battute dei vecchi: oggi ricorrono i morti, quest’anno dovrebbe vincere il nonno!

Exit mobile version