Il gioco dei tre governatori o Risiko politico?
Nel quadro sempre più mobile della politica italiana, le Regioni non sono più soltanto laboratori amministrativi o centri periferici del potere.
Sono diventate, a tutti gli effetti, aree di condensazione politica, dove si costruiscono (e si disgregano) leadership nazionali
Lo dimostrano i casi di tre figure molto diverse tra loro – Luca Zaia, Eugenio Giani, Michele Emiliano – ma accomunate da un tratto decisivo: esercitano un potere che va ben oltre i confini regionali, spesso condizionando gli equilibri interni dei partiti che li hanno espressi.
In Veneto, Luca Zaia è l’epicentro di una questione che riguarda tutta la coalizione di centrodestra
Formalmente fuori dai giochi, bloccato dal limite del terzo mandato, di fatto è lui a dettare tempi e nomi per la sua successione. Con un gradimento che sfiora il 66 per cento, nessun partito – né Lega né Fratelli d’Italia – può permettersi di ignorarlo. Il suo peso politico, anzi, sembra essere cresciuto proprio da quando la sua rielezione è diventata impossibile. Non è il candidato, ma resta il regista.
È una figura che la Lega non ha sostituito e che Fratelli d’Italia non riesce a contenere
Diversa, ma non meno significativa, la traiettoria di Eugenio Giani in Toscana. Anche lui gode, secondo i sondaggi, di un consenso personale superiore al 50 per cento. Ma se i numeri sembrano rassicuranti, nel Partito Democratico cresce l’inquietudine. Il protagonismo del presidente, sempre più marcato, si intreccia con una serie di scelte discutibili sia sul piano politico sia su quello gestionale.
Su tutte, l’aumento dell’Irpef regionale, adottato per evitare il dissesto dei conti pubblici, ha sollevato reazioni critiche anche tra gli elettori tradizionalmente fedeli al centrosinistra
A questo si aggiunge ora il nodo giudiziario di Prato. I domiciliari del sindaco Ilaria Bugetti – fino a un anno fa consigliera regionale e componente della giunta Giani con delega alle attività produttive e al turismo – non esattamente settori secondari nel governo della Toscana, indagine che è solo agli esordi e potrebbe esplodere poco prima delle elezioni rischiando di fare emergere un’ombra pesante sulla continuità politica e amministrativa tra Regione oltre che del Comune di Prato.
Il timore, non del tutto infondato e che probabilmente gira nella segreteria nazionale del PD , è che lo scandalo pratese se dovesse deflagrare ed allargarsi, potrebbe mettere in discussione la credibilità di un’intera classe dirigente del partito risultando di fatto in continuità con la precedente
In questa ottica una giunta che non si distanzia in modo chiaro da quel sistema potrebbe essere travolta dagli stessi meccanismi che hanno spazzato via il governo cittadino della città Pratese. E questo, in una regione come la Toscana, non è solo un tema locale: è un potenziale terremoto politico.
Il Partito Democratico lo sa bene
La solidità del cosiddetto “blocco toscano”, egemone dal dopoguerra a oggi, potrebbe incrinarsi proprio da qui dove gli elettori di centro sinistra da sempre sono molto sensibili agli scandali giudiziari di carattere corruttivi.
Emiliano, infine, resta l’esempio più compiuto di una leadership personalista che ha costruito intorno a sé un consenso autonomo, spesso in tensione con la linea del partito. In Puglia, come in Campania con De Luca, l’elettorato ha votato più per l’uomo che per il simbolo. Ma quando il mandato finisce, resta una zona grigia di potere e influenza che rende difficile ogni passaggio di testimone.
Tutti questi casi – pur nelle loro differenze – segnalano una tendenza strutturale
Il rapporto tra centro e territori si è invertito: non sono più i partiti a “nominare” i presidenti, ma sono spesso i presidenti a imporre la linea al partito. Il rischio, per le forze politiche nazionali, è quello di perdere il controllo del proprio spazio territoriale, ingessate tra personalismi e dinamiche locali fuori scala.
Le elezioni regionali del 2025 in Toscana e in Veneto saranno un test cruciale
Non solo per la conferma o la sconfitta dei presidenti uscenti, ma per capire se i partiti riusciranno ancora a governare le proprie filiere locali o se continueranno a subirle.
Anche nel caso di una riconferma, infatti, le fragilità sono evidenti. Non sarà sufficiente vincere
Sarà decisivo vedere come si vince e con chi.
In un’Italia che cerca faticosamente nuovi equilibri politici, il “gioco dei tre governatori” rischia di diventare la vera partita nazionale.
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