Il deficit dei nostri tempi: il basso livello della politica

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Politica – La più interessante presa di posizione in merito agli eventi successivi all’arenamento del Ddl Zan, è stato quella di Davide Giacalone direttore di un nuovo ed interessante quotidiano, La Ragione.

Titolo emblematico poiché oggi non siamo più in presenza ad una politica che usa la ragione, che elabora studia e poi trova che soluzioni. Oggi si urla, ci si strappa i capelli. Si fanno gazzarre degne di un mercato rionale. Il livello della qualità della politica è sceso.

“Agitando il sessismo e il razzismo la sinistra prova a costruirsi una identità fatta di di attenzioni per genere e razza, finendo con l’affermare quel che vorrebbe negare. Agitando le frontiere da chiudere e il legame tra terra e sangue la destra prova a vestire un’identità che è il contrario dell’ordine e del mercato. Ciascuno non si preoccupa di manomettere il bagaglio culturale. Il molto di prezioso che si trova nei bauli del passato, preferendo viaggiare con il trolley della propaganda. Mi basta dire una cosa che sia identitaria ed opposto all’identitarismo altrui”. Scrive Giacalone.

La mancanza di programmi

In buona sostanza gli schieramenti oggi non hanno programmi, non hanno idee. La classe dirigente attuale è mediocre e la formazione della classe dirigente futura nei partiti attuali è veramente infima. Prima, per fare un politico, ci volevano dieci anni. Veniva formato spesso nei quadri giovanili di partiti organizzati.

Studiava distribuiva. Si faceva una gavetta complessa che andava dall’attaccare i manifesti ad assumere i primi incarichi in piccole sedi del partito. E raramente si diventava amministratori prima di essere la soglia dei trent’anni di età.

Oggi è tutto il contrario. Al tempo mi sembrava assurdo che la politica non ti mandasse in Parlamento appena avevi diciotto anni. Pieno di progetti, di aspirazioni, di convinzioni idealiste.
Mi sembra uccidere i sogni dei giovani.

Ora siamo in una generazione dove vengono mandate una marea di persone alla prima esperienza a fare i deputati ed i senatori. Una serie di ragazzini che non riesce a prendere la laurea pretende di insegnare al paese. Adesso che il livello si è tragicamente abbassato, mi rendo conto di quanto fosse ingeneroso da parte mia non capire la grande scuola che rappresentavano una volta i partiti seriamente strutturati.

Non si fa toccare un paziente ad uno studente di medicina se non riesce a laurearsi. Non si permette a un neolaureato di diventare primario immediatamente. La gavetta, la formazione, garantiscono alla società di mettere in campo in compiti particolarmente delicati una persona preparata.

L’amministrazione della cosa pubblica è un compito particolarmente delicato

Non si può pensare di andare avanti per slogan come se aderire ad un partito politico significasse avere un credo calcistico.

La politica necessità di riflessione. Gli amministratori debbono conoscere gli enti locali, maturare convinzioni. Devono crescere avendo presente la realtà corrente della vita sociale. Guardando e analizzando problemi, e fornendo soluzioni. Il serrare i ranghi contro un ipotetico nemico, che in un paese democratico dovrebbe essere solo un avversario, posso solo aumentare il livello di divisione nel paese. Non certo rimettere in sesto un sistema che ha bisogno di una ristrutturazione complessiva.

Ma tale ristrutturazione non può poggiare sul lavoro e le scelte di una classe politica non all’altezza di un momento storico dedicato. Bisogna tornare a selezionare gli eletti. Non più con le liste bloccate che hanno riempito le assemblee legislative di cortigiani e di mediocri. Infatti tutte le segreterie di partito tendono a premiare mezze calzette incapaci di fare le scarpe al segretario, o funzionali a giochetti di correnti.

Una volta per entrare in Parlamento, con tutti i difetti che si riconosce il sistema del tempo, bisognava avere autorevolezza preparazione e preferenze.

Oggi le caratteristiche ideali sembrano essere diventate, ruffianeria, adesione dogmatica alla parola del segretario, formazione, capacità di urlare e non di pensare.

Quando a guidare il paese non ci sono le migliori energie del paese e le migliori menti del paese, il futuro delle istituzioni appare estremamente grigio.

 

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