Il colosso dai piedi d’argilla

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USA, Russia, Cina – Quando il 26 dicembre 1991 Michail Gorbačëv vide sgretolarsi formalmente l’Impero sovietico, sembrò che gli Stati Uniti avessero in mano il mondo. Guardando attentamente c’era più di un indicatore che dimostrava la potenzialità cinese, ma in quel momento gli americani erano molto avanti rispetto al Celeste Impero.

Di lì a poco la Russia si sarebbe comunque rialzata, ma la sproporzione giocava nettamente in favore degli statunitensi. Nel 2001 George W. Bush Junior suonava la carica mandando prima le truppe in Afghanistan e due anni dopo in Iraq.

Vent’anni dopo il bilancio è ben altro.

Durante la presidenza Obama le primavere arabe si sono dimostrate un fallimento di proporzioni catastrofiche. Non solo non hanno impiantato la democrazia in cui paesi, ma addirittura hanno radicalizzato un sentimento antioccidentale diffuso. Dove non hanno disseminato altro se non la destabilizzazione più totale come ad esempio in Libia.

La resistenza del popolo siriano ha impedito il rovesciamento del proprio governo. E soprattutto il veto di Russia e Cina ha impedito l’intervento militare americano diretto.

La Cina è la nuova America

L’America non riesce ad accreditarsi più da tempo come l’impero che può disporre di tutto ciò che vuole nel mondo. Ora c’è una Cina dinamica, energica e soprattutto con mire geopolitiche espansionistiche chiare, lucide e forti.

La Russia si è notevolmente rafforzata e diventa necessario coinvolgerla politicamente per tutto l’occidente, al fine di evitare un avvicinamento troppo stretto con il gigante asiatico. Ma ancora di più il problema sta nell’opinione pubblica americana che non vuole impegnarsi come superpotenza di equilibrio del mondo. L’isolazionismo degli americani è storicamente consolidato.

Durante il primo ed il secondo conflitto mondiale fu particolarmente difficile convincere il congresso per i presidenti in carica allora, della necessità di intervento. Se non ci fosse stato l’attacco di Pearl Harbor, Roosevelt non sarebbe mai uscito ad inviare un solo soldato americano oltreoceano.

Gli USA sono troppo divisi al loro interno

Inoltre gli Stati Uniti sono un paese profondamente diviso, anche perché le élite progressiste maggioritarie tra i media e nelle accademie, hanno continuato a spingere su un senso di colpa e riparazione. Che ha rinfocolato le divisioni interne al paese, continuando a legittimare una visione di America divisa etnicamente, piuttosto del melting pot teso però alla costruzione di un’identità nazionale unica e forte.

Differentemente Cina Russia, ma anche Turchia hanno ripreso una volontà nazionale compatta. Spesso imbevuta di esaltazione della tradizione, della storia e della fede di questi paesi.

La fragilità interna americana dove tutto è polarizzato, diviso, frammentato rischia di essere un grande problema se l’occidente punta solo sugli Stati Uniti per difendere se stesso.

La Russia con un’azione di coraggio ha riportato in seno alla madrepatria la Crimea, che i governi occidentali continuano a sostenere essere Ucraina. Ma se era fragile l’Afghanistan è ovviamente fragile anche l’Ucraina e dipende dalla volontà dei paesi occidentali di tenerla in piedi.

Ancora di più il parallelismo tra la Crimea e Taiwan è abbastanza evidente. Poiché la Cina stessa potrebbe essere tentata di riportare in seno alla madrepatria l’isola che considera una sua regione.

Differenze tra Crimea e Taiwan

Ora guardando in maniera intellettualmente onesta le cose appare evidente un fatto: come la Crimea è russa Taiwan è cinese.

La divisione nasce solo perché i nazionalisti di Chiang Kai-shek si ritirano lì dopo che le truppe nazionaliste del Kuomintang furono sconfitte dalle forze rivoluzionarie di Mao. Ma il punto non è il ritorno di questo territorio alla madrepatria. Il punto ce lo troveremo davanti se la Cina facesse un’azione di forza annettendola.

Allora gli Stati Uniti avrebbero due alternative: rischiare l’intervento militare, cosa che sicuramente nessuno vuole con una super potenza come il dragone cinese, ma quantomeno cercare di portare avanti una linea della fermezza; oppure abbandonare i cittadini della Cina nazionale che hanno creduto nel modello democratico occidentale come sono stati abbandonati gli afgani.

Il mondo non vorrà certo la guerra nucleare per Taiwan, ma sicuramente il giorno che le truppe della Repubblica Popolare dovessero annetterla effettivamente, se questo avvenisse in maniera unilaterale e non concordata con gli americani, il non fare nulla sarebbe l’ennesima riprova di assoluta debolezza.

Se l’Impero non fa paura le popolazioni barbare sono incentivate ad avanzare.

 

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