IL CASO SPACEY E L’IDEOLOGIA METOO
Kevin Spacey il brillante attore di Holloywood noto per i suoi tanti film oltre che per la rinomata serie House of Card è stato definitivamente assolto a Londar dalla giuria popolare che lo ha scagionato dall’accusa di molestie sessuali nei confronti di 4 uomini.
Il caso Spacey
Quest’ultima assoluzione giunta ieri, si somma a quella maturata a New York al termine del processo intentatogli dalla Procura di New York sulla base delle accuse di Anthony Ropp, attore che aveva denunciato Spacey di molestie sessuali quando egli (Ropp) aveva solo 17 anni.
Anche in quel caso, niente di fatto. Archiviazione del caso e denuncia caduta nel vuoto.
I quattro nuovi presunti molestati avevano accusato Spacey di molestie sessuali durante una festa in campagna, complici i fumi dell’alcol e la bisboccia generalizzata. L’attore – che ha recentemente dichiarato di essere gay, pur avendo avuto una vita sessuale promiscua ma consensuale con svariati partner – si è sempre difeso bollando come bugiardi tre delle quattro presunte vittime, mentre ha riconosciuto un approccio maldestro nei confronti della quarta della quale evidentemente aveva frainteso le inclinazioni sessuali.
La procura inglese aveva insistito sulla fondatezza delle molestie nella convinzione della “malvagità” di Sapcey convinto – secondo l’accusa – che le vittime non avrebbero denunciato o se lo avessero fatto nessuno gli avrebbe creduto, vista la notorietà e il potere detenuto dal “presidente Underwood”. Impianto accusatorio molto debole, fondato su una serie di illazioni e deduzioni arbitrarie che mal si attagliano al rispetto dell’onere probatorio richiesto in queste circostanze e che invece sembra denotare un impianto ideologico per il quale l’uomo potente è colpevole a prescindere proprio sfruttando -in modo tautologico si potrebbe dire -la sua stessa potenza che diviene riparo contro ogni povera vittima sfruttata. Insomma, una ricostruzione semplicistica in pieno stile MeToo.
Il movimento MeToo: quali i reali obiettivi?
Non va dimenticato infatti che le disavventure di Spacey sono iniziate proprio nel 2017 quando il movimento femminista si stava rapidamente imponendo sulla scena e, a partire dal caso Weinstein stava, di fatto, decapitando aziende, istituti culturali, orchestre e quant’altro.
Come detto, il presupposto di base è sempre stato che l’uomo è aggressivo, violento e potenzialmente stupratore di natura, a maggior ragione se potente. Una presupposizione che, strumentalizzando eventi veritieri ahimè, ha tentato di imporre un cambio di passo nella gestione al maschile dell’elite politica e culturale prima americana e poi europea. E non senza risultati, a considerare i mutamenti che ci sono stati non solo nelle compagini di vertice di grandi aziende o enti culturali, fino a giungere al cambiamento del meccanismo di composizione e formazione della commissione che assegna il premio Nobel.
Una rivoluzione da .. Nobel
Proprio quest’ultimaa vicenda svela in modo plastico l’intento finale del movimento MeToo. Infatti, a seguito dell’ennesimo scandalo da molestia sessuale che aveva interessato persino l’erede al trono la Principessa Victoria palpeggiata da un fotografo marito di una delle organizzatrici della kermesse svedese, nonché gestore di una serie di società finanziarie ad essa collegata, i reali di Svezia hanno comunicato che, da quel momento in poi, i membri della commissione assegnatrice del premio non sarebbero stati più “a vita” bensì eletti o nominati. Elezioni e Nomine significa poltrone e quindi l’esito della crociata antimolestie altro non è stato in quel caso che non una nuova corsa all’oro degli esclusi (donne e minoranze per lo più) che adesso possono occupare poltrone rimaste vuote, con tutte le ricadute anche economiche. Che cosa abbia a che fare tutto ciò con la giusta tutela delle donne molestate sui luoghi di lavoro rimane un mistero. Mistero peraltro non privo di contraddizioni quello che si porta dietro MeToo, sol che si tenga presente che due icone del movimento – una nota attrice e un procuratore di New York molto impegnato nel movimento (non faccio il nome per ovvi motivi) – per un curioso contrappasso sono stati accusati di molestie e violenza di natura (anche) sessuale. Saranno sicuramente innocenti, ma la contraddizione non sfugge.
Soldi e potere mascherati da femminismo
Un’azione quella di MeToo che si è ripetuta svariate volte, e che ha travolto ben oltre i singoli imputati eccellenti ma le loro famiglie, e, soprattutto le loro aziende. La società di Weinstein ad esempio, al di là delle oggettive e accertate responsabilità del produttore, è finita in bancarotta e non è la sola.
Insomma, un giro di soldi e potere nel quale si doveva per forza invertire le gerarchie rovesciando il dominio maschile non per imporre maggiore libertà ed equità, ma per sostituirlo con un nuovo dominio di natura femminile. Una vera e propria guerra al maschio che ha come obiettivo il potere e la politica (oltre che il vil denaro) che non ammette prigionieri.
L’elenco degli attori, artisti, musicisti, imprenditori, presidenti bollati di essere molestatori o addirittura stupratori sarebbe troppo lungo ma non si teme smentita sostenendo che in questi anni c’è stata una vera e propria rivoluzione al vertice di tanti enti.
Risultato di tutto ciò per le donne? Nessuno. Capacità di fornire alle persone molestate delle armi giuridiche per opporsi al dominio dello sfruttatore (o sfruttatrice)? Nessuno.
Da un punto di vista generale, potremmo dire che il movimento MeToo non è servito assolutamente a niente nella vita reale, mentre è servito a molto per certe personalità evidentemente in crisi di popolarità e che hanno trovato un buon cavallo di battaglia per condurre, appunto, la loro guerra al uomo.
L’obiettivo dichiarato: La guerra al maschio
E che sia una vera e propria guerra lo ammettono candidamente le stesse esponenti del movimento, le quali sin da principio (si pensi al famoso “i monologhi della vagina”) hanno dichiarato le loro intenzioni bellicose: cancellare il maschile o ridurlo all’impotenza (non fisica, per fortuna, almeno per ora). E di delirio in delirio effettivamente ce l’hanno fatta.
Oggi tutto ciò che è “maschio” (a maggior ragione se etero e bianco) è sotto scacco, perennemente a fare i conti con immaginari sensi di colpa per il passato e per il presente, accusato di ogni misfatto da parte dei nuovi ideologi progressisti, molto attenti alle presunte minoranze e molto poco attenti alla verità (come il caso di Spacey dimostra).
E se finanche stamattina un’avvocatessa (sarebbe meglio dire avvocata?) parlando a proposito dell’assoluzione di Kevin Spacey la definiva come un fallimento del movimento MeToo, ben si comprende quale sia la cornice ideologica di riferimento e come questa non abbia nulla a che fare con la tutela delle vittima (la stessa ispiratrice di MeToo ne ha preso le distanze), ma che semplicemente mira a ribaltare un modello culturale per imporne “manu militari” un altro.
Speriamo che l’assoluzione di Spacey rappresenti, al di là del caso specifico, un colpo mortale a questa mortifera ideologia omologante dove se qualcuno prova a opporsi, viene tacciato semplicisticamente di “omofobo” “maschilista” e ovviamente “fascista”.
Non crediamo che ciò avvenga, ma cionondimeno lo speriamo. Almeno quello ci resta, fino a che non ci diranno che pure la speranza è una molestia.
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