Il 18 settembre 1792 il “lupo mannaro” di Milano finisce in trappola

Per l'intera estate del 1792 ha terrorizzato i cittadini di Milano ed i contadini delle campagne meneghine. Lo avevano immaginato come un mostro. Poi...

Lo scoprono moribondo in una fossa lupaja, una delle tante trappole per lupi disseminate, nell’estate del 1792, nelle campagne attorno a Milano.

E’ il “lupo mannaro” di Cusago o, almeno, così crede la maggior parte degli abitanti della città ambrosiana e dei contadini per mesi terrorizzati dalle efferate imprese della bestia.
Di Cusago, perché proprio lì ha fatto la sua comparsa il 4 luglio precedente, assaltando ed uccidendo il piccolo Giuseppe Antonio Gaudenzio di 8 anni.

Il ritrovamento di Giuseppe fa ricordare le prime scene de Lo Squalo di Steven Spielberg: anziché su una spiaggia, nel mezzo della macchia saltano fuori un giubbino e delle scarpe insanguinate e, poco più in là, ecco il piccolo… sbranato.

Siamo alla fine del XVIII Secolo e scienza e superstizione si intrecciano ancora, specie fra i ceti meno abbienti. Pochi decenni prima, dalla Francia erano arrivate storie raccapriccianti e sconvolgenti di un mostro che, nella regione del Gévaudan, aveva ucciso 136 persone. Anche la belva di Cusago assume connotati sovrannaturali: l’8 luglio la vede, per la prima volta e dal vivo, un gruppo di bambini.

La bestia li assale e uccidendo Carlo Oca di otto anni. I racconti dei bimbi scampati parlano di un animale enorme, dalla testa grossa e con la pelliccia maculata. Una jena, pensano a Milano, magari proprio una delle due che porta con sé il circo itinerante di tale Bartolomeo Cappellini, subito rintracciato ed interrogato. A scagionarlo un nuovo attacco che costa la vita ad una bimba di sei anni.

La Congregazione di Milano (allora massima autorità locale) le pensa tutte: dalla taglia di 50 zecchini, cui seguono infruttuose cacce di massa, alle preghiere per allontanare la diabolica bestia che… colpisce ancora: ad agosto muore la moglie di un fattore, poi il “lupo mannaro” assale due gemelli di 15 anni che però sopravvivono: lei, gravemente ferita, si salva perché il fratello si avventa sull’aggressore e lo colpisce fino a farlo scappare.

L’intera zona rurale attorno a Milano è allora disseminata di fosse lupaje, trappole nascoste da fogliame. E dopo alcuni cani che vi restano accidentalmente uccisi, ecco che il 18 settembre, a quasi un mese dall’ultima aggressione, il “lupo mannaro” viene catturato. Qualcuno non pensa sia la bestia assassina (ad esempio il giovane che ha salvato la sorella), ma la maggior parte è convinta si tratti del “licantropo di Cusago” anche perché, da allora, gli attacchi finiscono.

Più che i dubbi sull’identità a sorprendere la gente sono le dimensioni della bestia: dopo avervi inferito, infatti, ci si rende conto che le dimensioni dell’animale (un semplice lupo! Altro che mannaro!) sono decisamente minori rispetto a quanto si era immaginato. Più tardi, con il progredire degli studi scientifici, si scoprirà che i lupi non attaccano gli esseri umani se non in rarissimi casi se spinti dalla fame.

Di quella tragica estate del 1792 restano pochissime testimonianze. L’incubo è presto dimenticato e, a noi, giunge solo il libello Giornale circostanziato di quanto ha fatto la Bestia feroce nell’Alto Milanese : in Milano, a spesa dello stampatore Bolzani, s.d. (1792) conservato alla Biblioteca Nazionale Braidense.

E’ invece al Museo di Storia Naturale di Pavia che finisce il “lupo mannaro” di Cusago, impagliato. Non si hanno informazioni circa la sua attuale posizione nell’antico e prestigioso museo pavese.

Si diceva, come Lo Squalo: sì, perché anche Lo Squalo di Steven Spielberg trae origine da un fatto vero: gli attacchi del Jersey Shore del 1916, fra i quali due particolarmente cruenti accaduti in un fiume, a circa 3 chilometri dall’oceano.

L’autore del romanzo Lo Squalo, Peter Benchley, si era invece ispirato a Moby Dick di Herman Melville, capolavoro della letteratura americana, a sua volta ispirata dall’affondamento, ad opera di un capodoglio, della baleniera Essex nel 1821.

L’idea di un lupo o cane assassino ha ispirato anche il terzo romanzo di Sherlock Holmes, Il mastino dei Baskerville, di Sir Arthur Conan Doyle pubblicato nel 1902, con decine di trasposizioni cinematografiche e che vi consigliamo di leggere.

Alla Bestia del Gévaudan è ispirato il film Il patto dei lupi con Vincent Cassel e Monica Bellucci.

Per il “lupo mannaro” di Cusago confidiamo nell’originalità dei nostri bravi romanzieri e registi…

 

 

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(Immagine di sfondo: sequenza de Un lupo mannaro americano a Londra di John Landis, 1981. Fonte: YouTube)

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