I Talebani in vent’anni hanno studiato comunicazione

Riflessioni sulle strategie comunicative in Afghanistan

Talebani

C’erano una volta i talebani afghani barbuti ed illetterati, tutti turbante e barbe incolte, Kalashnikov e dinamite per fare saltare in aria il passato.

Imponevano burqa e sharia con la violenza, spostando le lancette dell’orologio della storia indietro di almeno cinque secoli.

Erano quelli di vent’anni fa

Cos’è cambiato? Nella sostanza poco o nulla, se non che le armi sono per lo più quelle abbandonate troppo frettolosamente dalla coalizione, ed il dito sul grilletto viene ostentatamente tenuto dritto e fuori dal castelletto.

Ci avete fatto caso?

In ogni foto dove appaiono talebani in armi, la scena è altamente professionale.

Il dito indice mai sul grilletto ma davanti al castelletto e disteso lungo il senso della canna.

Questo è un particolare che mi ha fatto riflettere.

La prima, scontata, riflessione è che essendo questo uno standard di sicurezza NATO, molti dei loro istruttori sono stati addestrati dalla coalizione.

Se non loro stessi.

Ma la riflessione meno banale, è che la strategia comunicativa dei Talebani sia molto raffinata nel 2021.

Il dito fuori dal grilletto ne è un esempio: così come nella foto in apertura di articolo dei soldati che issano la bandiera scimmiottando i Marines di Iwo Jima nelka Seconda Guerra Mondiale.

Ci stanno dicendo che conoscono le nostre immagini iconiche, le nostre strategie e le sanno usare. Contro di noi.

Che se i nostri eserciti sono professionali, anche il loro lo è, forte peraltro dei nostri armamenti.

Le strategie comunicative

Replicare la foto di Iwo Jima, non è solo una sfida o un’insolenza: è un atto dimostrativo di forza. Di gridare la loro vittoria.

Giocato ancora una volta con soldati equipaggiati di tutto punto con materiali occidentali. Persino i visori notturni.

Hanno capito che creare un piano di comunicazione, è fondamentale: consiste in alcune semplici linee guida su come agire e su come impostare tono e contenuti dei messaggi che si vuole trasmettere.

Questa comunicazione dovrà rappresentare al meglio l’identità del soggetto parlante, ossia la sua essenza e i suoi obiettivi.

Non a caso il portavoce dei Talebani, Zabihullah Mujahid, ha un account su Twitter (mentre Donald Trump è stato bannato da tutti i social, ma lasciamo perdere, questo fa parte dell’autolesionismo dell’Occidente). 

Il piano comunicativo

Il piano di comunicazione è stato, quindi, studiato per permettere di inquadrare gli scopi ed il tono che si è scelto di usare.

Stabiliti gli obiettivi, il target, individuati eventuali competitors, i mezzi che si intendono utilizzare, le scadenze, si sono anche guardati intorno in cerca di alleati.

Questo i Talebani lo stanno facendo alla perfezione, bisogna riconoscerlo.

La scadenza è il 31 agosto, dopo un periodo finestra che è stato evidentemente concordato e concesso per l’evacuazione dopo il Raid degli Usa, conseguente al confuso ritiro delle truppe di terra.

A tale data, prevedibilmente, finirà il volto ‘umano‘ del regime: inizieranno i rastrellamenti, le esecuzioni e ritorsioni e calerà il velo della disinformazione.

Adesso i Talebani giustificano tutto con la “sicurezza”. Vi ricorda qualcosa?

Zabihullah Mujahid – sempre lui – in merito al ritiro delle truppe Nato dall’aeroporto di Kabul, ha escluso che la scadenza del 31 agosto possa essere prorogata. E la figura debole e tremebonda di Biden non otterrà ripensamenti.

Il portavoce ha annunciato che le strade che portano all’aeroporto di Kabul, dove da giorni migliaia di persone sono ammassate tentando di entrare, sono state chiuse. Per Sicurezza.

Non portateci via medici, avvocati e professionisti: lasciateli lavorare qui come esperti. Inoltre vorrei sottolineare che al momento chi va in aeroporto rischia la vita a a causa della calca, gli americani poi sparano e la gente muore“.

Già, la sicurezza.

Le donne sono state costrette a rimanere a casa e a lasciare vacanti i posti di lavoro, per Sicurezza, perché, spiega il portavoce, sarebbero in pericolo.

In pericolo per quelle che chiama “forze di sicurezza“. Cioè le sue stesse milizie.

Si tratta di una procedura temporanea. Le forze di sicurezza in questo momento non sono addestrate nell’affrontare la donna o semplicemente nel parlarci, per questo vanno trattenute in casa fino a quando non ci sarà un sistema appropriato che consentirà loro di lavorare e tornare a ricevere lo stipendio“.

Parola chiave: sicurezza.

Al netto delle chiare bugie sottese a tali affermazioni di comodo, non si può non riconoscere una scaltrezza ed uno studio comunicativo a monte.

Gli Stati Uniti dovranno tenerne conto, come del fatto che ora i Talebani hanno un colosso che li spalleggia: la Cina.

A ben vedere non sono più gli sprovveduti guerriglieri fanatici che ci hanno sempre dipinto, ma un nemico ben più scaltro e preparato di quanto non si potesse immaginare.

Noi.

Ma lo dovevano immaginare i servizi segreti USA, che, nel dare l’ok a lasciare il paese ed abbandonare sistemi d’arma sofisticati con tutto il know-how addestrativo relativo, hanno dimostrato un’ingenuità quantomeno sospetta.

 

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