I gerarchi scampati

I fascisti che non si fecero prendere

gerarchi

Dei gerarchi che determinarono la caduta del Fascismo, molti si resero immediatamente irreperibili, per non usare impropriamente il termine latitanti. Lo stesso Mussolini riteneva che le figure di maggior rilievo fossero riuscite a fuggire.

Ed i fascisti repubblicani in un certo senso, anche i più fanatici ed intransigenti, sapevamo chiaramente di non essere riusciti a catturare coloro verso i quali si rivolgeva maggiormente la loro rabbia.

La figura più di rilievo nelle loro mani, a questo punto era per forza di cose Galeazzo Ciano. Sicuramente il più avventuroso, tra i firmatari dell’ordine del giorno Grandi che si sottrasse all’arresto fu Giuseppe Bottai. Prima arrestato dal governo Badoglio in quanto esponente del regime fascista, viene liberato dopo l’otto settembre. Riesce a raggiungere il nord Africa ed ad arruolarsi sotto falsa identità nella legione straniera. Vi rimarrà fino al 1947, partecipando attivamente al conflitto.

Dino Grandi già ai primi di agosto era a Lisbona, per trasferirsi successivamente in Spagna e dopo ancora in Brasile.

Dalla FIGC alla pittura

Alfredo De Marsico riesce a sottrarsi alla cattura rimanendo nascosto in casa di amici fino alla liberazione. Esattamente come l’industriale Giovanni Belella ed Antonio Bruno Bignardi che dopo la guerra farà carriera nella Federazione Giuoco Italiana Calcio.

Vissero per un breve periodo in clandestinità anche Federzoni e De Vecchi. Il primo successivamente si sottrarrà alla giustizia italiana per i crimini del fascismo fuggendo in America per qualche anno.

Dino Alfieri invece riparò nella confederazione elvetica, come anche Bastianini.

Umberto Albini riuscì a farsi nascondere da amici fino alla liberazione, mentre Giacomo Acerbo si nasconse presso dei conoscenti. Verrà successivamente condannato a morte anche dopo la liberazione dagli antifascisti ottenendo la commutazione della sentenza.

Alberto De Stefani riuscì scampare alla determinazione anche perché, le ricerche nei suoi confronti non furono particolarmente zelanti e si dedicò successivamente alla pittura.

Il sindacalista Edmondo Rossoni ottenne aiuto dal Vaticano, pur essendosi professato varie volte ferventemente ateo. La Santa Sede riuscì a farlo espatriare travestito da un sacerdote.

La magistratura della Rsi dunque poté portare alla sbarra tre imputati che non avevano avuto alcun ruolo nella preparazione della caduta del fascismo, Gottardi, Pareschi e Marinelli, un quarto che aveva immediatamente ritratto il proprio voto Cianetti ed un quinto anziano e dai lunghi meriti militari De Bono.

L’unico esponente di riguardo era Ciano.

 

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