Giustizia fuori controllo: quando le toghe si fanno legislatore
L’ennesimo caso arriva dalla Corte di Cassazione e ce lo racconta Il Giornale: un intervento tanto discutibile nel merito quanto pericoloso nel metodo.
La Cassazione ha demolito, con un giudizio che sa più di manifesto politico che di sentenza tecnica, il cosiddetto “Decreto Cutro”, ossia il pacchetto di norme che doveva servire a dare maggiore ordine e rigore nella gestione dei flussi migratori
Ancora una volta assistiamo a un potere giudiziario che non si limita ad applicare la legge, ma pretende di riscriverla o reinterpretarla in base a sensibilità personali o ideologiche.
In Italia non finiremo mai di fare i conti con il nodo irrisolto della separazione dei poteri. Sulla carta, siamo una Repubblica parlamentare in cui i poteri si bilanciano; nei fatti, la magistratura da anni sconfina, esercitando un ruolo di supplenza che mina la democrazia rappresentativa.
E non si tratta più solo di episodi isolati, ma di un vizio strutturale: il potere giudiziario che pretende di sostituirsi al legislatore e, peggio ancora, di condizionare l’azione dell’esecutivo
Come ricordava già un rivoluzionario francese, il giudice dovrebbe essere la “bocca della legge”, uno strumento neutro che si limita ad applicare le norme prodotte dal Parlamento. Quando invece si trasforma in un legislatore di fatto o in un interprete creativo spinto da sensibilità personali, finiamo per delegare alle toghe la gestione diretta dello Stato, con il rischio concreto di scivolare verso una Repubblica più pericolosa di una teocrazia, in cui chi governa non è eletto dai cittadini ma si nasconde dietro le toghe.
Il caso della Cassazione che demolisce il Decreto Cutro non è un’eccezione, ma l’ennesima dimostrazione che il sistema va profondamente riformato
Non basta parlare — come si fa da decenni — della necessità della separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri. Occorrono due riforme radicali e coraggiose di cui, però, nessuno sembra voler discutere seriamente.
La prima riguarda l’abolizione della giustizia amministrativa. Un comparto ormai inutile, capzioso, complicato e fonte inesauribile di paralisi burocratica. Il diritto amministrativo italiano è diventato la palude dove si arenano progetti, investimenti e perfino decisioni fondamentali per la sicurezza. Le sentenze dei TAR, spesso basate su meri vizi di forma, hanno bloccato infrastrutture per anni e in alcuni casi hanno addirittura sospeso decreti di espulsione di soggetti pericolosi, che poi si sono resi protagonisti di atti criminali.
Come in ogni paese civile, i contenziosi amministrativi dovrebbero essere rimessi al giudice ordinario, evitando di moltiplicare tribunali, competenze e tempi infiniti
La seconda grande riforma riguarda la stessa Corte di Cassazione, che oggi, invece di armonizzare la legge, finisce per ingolfare il sistema e sovrapporsi ai ruoli della Corte Costituzionale. Negli Stati Uniti, modello di democrazia liberale, non esiste nulla di simile alla nostra Cassazione: dopo due gradi di giudizio, la vicenda è chiusa, salvo che non vi siano palesi violazioni della Costituzione, di competenza esclusiva della Corte Suprema.
La legge non ha bisogno di essere reinterpretata ogni volta né di essere “armonizzata” da un organo che si trasforma nell’ennesimo legislatore mascherato
La legge deve essere chiara, conforme alla Costituzione e applicata senza interferenze creative. Il guardiano della Carta è la Corte Costituzionale; ai giudici ordinari spetta il compito — serio e limitato — di far rispettare le norme, senza sconfinare nel campo politico.
Eppure, mentre si discute di tagliare parlamentari e si riduce la rappresentanza dei territori, nessuno ha il coraggio di proporre un intervento di buon senso che snellisca il sistema giudiziario
Una sola Corte, quella Costituzionale, giudici che si limitino ad applicare la legge e una riforma vera per restituire equilibrio ai poteri dello Stato.
Perché finché le toghe continueranno a scrivere le leggi o a modificarle con sentenze che sembrano editoriali, la nostra non sarà una Repubblica parlamentare, ma una democrazia sospesa, ostaggio di un potere giudiziario fuori controllo.
Leggi anche:
www.facebook.com/adhocnewsitalia
SEGUICI SU GOOGLE