Giochiamo al debito buono ed al debito cattivo

debito

In questi giorni molti hanno ripreso da un’intervista di Mario Draghi il concetto che bisogna fare “debito buono” e non “debito cattivo”. A prima vista concetti semplici che però hanno una caratteristica: disorientano l’ascoltatore. Qual è il debito buono e quale il debito cattivo? E soprattutto dobbiamo preoccuparci?

Lo stampare moneta negli ultimi anni, da parte dei governi, è stato sostituito con il creare debiti obbligazionari, i famosi titoli di stato. Di per sé nulla vieta ad uno stato di finanziare il proprio sistema interno con la raccolta di denaro contraendo debiti con i cittadini.

Finanziare la nazione vuol dire raccogliere denari per sostenere la spesa pubblica, divisa in spesa pubblica corrente e per investimenti. Potremmo pure distinguere il debito creato a seconda della sua destinazione od impiego, per esempio, suddividerlo tra: sanità corrente e per investimenti, istruzione corrente e per investimenti, e così via per difesa, sviluppo economico, funzionamento dello Stato, missioni estere ecc.

Finanziare la nazione però se fortemente indebitata vuol dire anche fare debiti per rimborsare debiti.

Dato che questi sono concetti ben chiari, la teoria monetarista moderna – quella che guida gli uomini della BCE – e che ha visto l’UE mettere nero su bianco che con il controllo del tasso d’interesse fatto dalla BCE deve contenere l’inflazione nel medio periodo nell’area euro in un intorno (range) del 2%. I monetaristi dicevo, tendono a vedere l’emissione del debito sostenibile solo se inferiore al tasso di crescita dell’economia.

In questo senso l’area Euro può sostenere debito e crearne di nuovo perché cresce ad un tasso superiore al tasso d’interesse dell’aerea. Con un distinguo però: che non è debito europeo ma debito degli stati membri molto diversi tra di loro con politiche fiscali interne estremamente divergenti, e che pertanto ogni stato va monitorato nella crescita e nel debito utilizzando i famosi parametri UE.

Se non si fa così i singoli stati rischiano tutti insieme di non lavorare per un unico obiettivo, crescere con una inflazione del 2%, ma fare debiti che sacrificano la crescita e lo sviluppo sociale del paese di riferimento e quindi in ultima analisi dell’intera aerea UE.

Mi sono accorto adesso che ho scritto periodi superiori alle 25 parole. Sarà un segno della mia dotta conoscenza oppure un’inutile vezzo per esprimere un semplice concetto: meno debiti dello stato di tipo improduttivo uguale crescita del paese? Torniamo a quanto scritto prima.

Un’erosione finanziaria continua

Il punto è proprio questo. Si pensa e ci fanno credere che se lo stato si indebita, la qualità della nostra vita migliora. Ma nel caso di alcuni paesi europei, tra cui l’Italia, l’indebitamento statale corrisponde ad un continuo indebolimento dell’economia e dei servizi offerti dallo stato stesso.

Siamo di fronte ad una erosione finanziaria continua. Corrisponde a comportamenti dei cittadini che in virtù del motto di Thomas Jefferson “No taxation without representation”, diventano viziosi e non più virtuosi. E le troppe tasse non vengono pagate perché i cittadini le ritengono ingiuste e non in linea con i servizi offerti dallo stato stesso.

I cittadini si deprimono e non credono nello stato e lo abbandonano al suo destino con comportamenti sociali devianti ed infine senza recarsi più alle urne per votare. Evadono, non votano.  Lo stato infatti ti chiede di pagare le tasse: o per rifondere debiti e non per fare investimenti o per sostenere la spesa corrente nei suoi mille interventi a pioggia. Ben distanti da requisiti di efficienza ed efficacia e dall’economicità.

A questo punto è chiaro che la teoria e la pratica monetarista di avere tassi d’interesse bassi a cui corrisponde bassa inflazione è una teoria (ed una pratica) che vale solo per gli stati virtuosi mentre per gli altri, quelli eccessivamente indebitati, non vale. Anzi genera un mostro, quello della austerità, che con le sue fauci mangia la ricchezza del paese destinandola alla copertura del debito, rendendo il sistema economico ancor più recessivo.

La soluzione?

Cosa fare? Semplice. C’è nei libri di economia. E qualche esperto di macroeconomia non solo ha letto ma ne ha riconosciuto la validità in paesi dove si è osservato che la teoria economica se unità alla pratica porta benefici nel lungo periodo. L’Inghilterra della Lady di Ferro, la sig.ra Tatcher, ne è l’esempio. Ma solo qualche esperto ha capito la bontà dei suggerimenti su cosa fare. Altri che hanno conoscenze superficiali ripetono a pappagallo idee e sermoni o slogan che c’entrano solo in parte con la vera soluzione della crisi da sovraindebitamento.

Occorre innanzitutto concentrarsi sullo sviluppo della nazione sovraindebitata. Creando i presupposti per la crescita del prodotto nazionale lordo, agevolare la fiscalità alle imprese ed ai professionisti, e generare ricchezza favorendo il mondo del lavoro e quindi dei consumi. Allo stesso tempo lo stato sovraindebitato deve scegliere e puntare sugli investimenti che generano sviluppo. Abbandonando i settori non economicamente sostenibili, e ridurre la spesa corrente.

Tornare a crescere

Quindi, per tornare a crescere, bisogna privilegiare il debito che sostiene le iniziative che generano lo sviluppo recuperando risorse dalle finanze statali dove non si genera la crescita. È una strada ovviamente tracciata a cui lo Stato Italiano non può più sottrarsi. Così come per le imprese si emettono obbligazioni per sostenere ad esempio la creazione di un impianto, e si fanno prestare soldi dai cittadini obbligazionisti, lo stato deve scegliere, e finanziare con la immane raccolta di denari disponibili presso i cittadini piani di sviluppo.  Il famoso debito buono da fare con il Recovery Plan.

E per i debiti cattivi, che lo stato ha fatto per spese improduttive, per mantenere carrozzoni pubblici ed altre inefficienze, cosa si deve fare? Semplice anche qui la soluzione: si creano linee di debito dedicate e si crea un settore specifico dello stato atto a smaltire i settori inefficienti. Anche riformando la pubblica amministrazione e il welfare nazionale. Un vero piano di ricostruzione del paese.

Ci vuole semplicemente determinazione nel creare debito buono ed abbandonare il debito cattivo. Chi, con le sue decisioni alimenta il debito cattivo è un problema per i cittadini e per il bene comune. Va spiegato questo ai cittadini.

Bisogna pensare bene quando diamo fiducia a chi ci rappresenta. Perché poi i debiti dello stato vanno pagati con la finanza pubblica, e quindi con le tasse di tutti quanti, poche o tante che siano. Altrimenti si crea uno stato clientelare ed inefficiente con problemi nella erogazione dei servizi come, ad esempio, quelli sanitari.

Speriamo Mario Draghi venga ascoltato e non venga coinvolto in giochi di palazzo. Non rilascia infatti solo interviste. Fa fatti.

 

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