Gian Giacomo Feltrinelli: terrorista sfigato

feltrinelli

Il 15 marzo 1972, sotto un traliccio Enel vicino Segrate, fu ritrovato il cadavere di Gian Giacomo Feltrinelli. Aveva documenti falsi ma non fu difficile identificarlo. Feltrinelli si era prima iscritto al PCI divenne poi militante e finanziatore della sinistra eversiva.

Qualcuno lo definì il collante tra le varie anime delle BR. Nel 1969 Feltrinelli, detto Giangi, aveva diffuso un documento “Estate 69” nel quale annunciava un colpo di stato organizzato dalla CIA e dalla NATO approfittando delle ferie estive.

Dopo la strage di Piazza Fontana era entrato in clandestinità con il nome di Osvaldo. Sul luogo dell’esplosione la Questura inviò il Commissario Luigi Calabresi, quello del suicidio Pinelli, che identifico il cadavere. La tesi investigativa era semplice: l’inesperto terrorista Feltrinelli si era issato sul traliccio per piazzarvi una carica esplosiva. Purtroppo era esploso incidentalmente durante le operazioni dinamitarde.

Una mote simbolica

Troppo facile. Quella morte doveva essere un delitto di Stato. Nello stesso giorno usciva un comunicato che addossava ad un complotto internazionale l’omicidio. Il documento recava le firme tra gli altri di Camilla Cederna e Carlo Rossella. Eugenio Scalfari ne smentì l’adesione.

In pratica quasi tutti sia nel PCI che nei giornali ritenevano che Giangi fosse stato assassinato. I suoi complici testimoniarono che Feltrinelli aveva insistito per attivare i timer dell’esplosivo. Nel 1979, in Tribunale, Renato Curcio delle BR, spiegò la morte di Osvaldo avvenuta per creare un vasto black out a Milano. Nell’esplosione di Segrate era finita una storia umana breve e movimentata.

La casa editrice

Nel 1955 Gian Giacomo Feltrinelli aveva fondato la sua casa editrice ed ebbe la fortuna di pubblicare due capolavori editoriali Il dottor Zivago e il Gattopardo. Il dottor Zivago vinse il Nobel e vendette sette milioni di copie in esclusiva mondiale, ma la storia della sua pubblicazione fu piuttosto intricata e Illuminante sul PCI e su Giangi. Nel 1956 Feltrinelli ebbe in esclusiva una copia per la pubblicazione. Successivamente la censura del Soviet cerco di impedirne la pubblicazione con minacce anche pesanti a Boris Pasternak ed alla sua famiglia.

In Italia Feltrinelli fiutò la montagna di denaro che stava per scalare, resistette alle pressioni e pubblicò il best seller. Pasternak non riuscì a ritirare il Nobel con la minaccia dell’espulsione dalla URSS. Olga Ivinskaia, compagna di Pasternak, che era già stata in campo di concentramento, nel 1960 alla morte dello scrittore finì in galera. L’accusa era di traffico di valuta per aver cercato di riscuotere da Feltrinelli i diritti miliardari ereditati dal compagno defunto.

Feltrinelli con scuse meschine cercò in ogni modo di evitare di pagare la donna e anzi nella sua corrispondenza fornì chiari elementi per le accuse dei sovietici.  I comunisti italiani intravidero nella pubblicazione una campagna di stampa antisovietica e per difendere la censura moscovita attaccarono pubblicamente Feltrinelli per il libro.

Finsero di non conoscere le minacce e i soprusi subiti da Pasternak. Molti dei grandi parlatori contro gli investigatori, dopo le rivelazioni che illuminarono i fatti tacquero. L’Espresso molto tempo dopo ammise  da parte dei progressisti italiani il tentativo di rimozione storica dei fatti. Questo non solo intralciò la conoscenza rispetto a Feltrinelli ma anche rispetto alla presa di coscienza sulla follia degli anni di piombo.

 

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