Germania: da “malata d’Europa” a nazione leader del sistema UE

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Se qualcuno nel 1999 alla vigilia degli accordi definitivi per l’introduzione dell’Euro nella UE vi avesse chiesto chi è il Paese, la Nazione, “malata” che difficilmente potrà stare in Europa se non al prezzo di riforme importantissime, noi europei avremmo risposto come rispose l’Economist in copertina: “la malata d’Europa” sopra una foto della Germania.

Qualcuno di voi se la ricorda la manovra da 100 miliardi del governo Prodi per entrare in UE? Con la tassa sul medico di famiglia restituita l’anno dopo a rate?

L’orgoglio nazionale italiano adesso però ci fa pensare che la malata era allora ed è l’Italia. Indaghiamo un po’.

Prima di tutto come la Germania nel venne fuori in circa 10 anni? Attraverso l’azione dell’SPD di Schröder che però dopo le riforme del welfare tedesco e in campo economico, perse le elezioni nel 2005.

Fare le riforme, quelle vere, fa perdere le elezioni. Fu messo a punto un programma, articolato in più fasi, per liberalizzare il mercato del lavoro e furono tagliati i sussidi (tipo il reddito di cittadinanza). Una scelta che comprometterebbe in Italia l’esito di qualsiasi governo politico. Politico. Ma non “economico” o di “unità nazionale”. Quanti ne abbiamo avuti?

L’era Merkel

Successivamente a questo periodo è iniziata l’era Merkel, una cancelliera che si è sempre distinta per le sue capacità di mediazione e decisione, ma, come il suo predecessore una europeista convinta. E quindi l’Europa con Francia, Italia, UK e Germania ha avuto una forza economica importante a livello mondiale. I cui benefici ovviamente durante un periodo difficile che va dalla crisi Lehman nel 2008 ad oggi ha visto i paesi meglio organizzati trarne enormi vantaggi.

È finita domenica l’epoca Merkel con le elezioni.

In Germania si vota e d’incanto i commentatori politici scoprono che i due principali partiti hanno preso quasi la stessa percentuale di voti, intorno al 25% ciascuno tra SPD e CDU. Sopra il 10% i verdi e i liberali. Il gruppo Fratelli d’Italia tedesco, l’AFD, un 10%, relegato all’opposizione antieuropeista e nazionalista più estrema.

Quindi la conclusione per un economista è più semplice di quella che ambiti politologi possono fare cercando alleanze improbe e ideologiche. I tedeschi vogliono l’Europa, questa Europa. Li rende ricchi. E non solo, tramite i Lander (perché è sì una repubblica, ma federale, come l’Austria) possono pure finanziarie le aziende in crisi senza incorrere negli aiuti di stato vietati dalla UE perché non consentono lo sviluppo della concorrenza. Li rende ricchi e consapevoli che il loro debito pubblico può essere anche debito pubblico europeo. Riforma che a breve interesserà tutti i paesi aderenti e della quale alcuni paesi come la vicina Austria (9 milioni di abitanti asserragliati tra montagne e valli) non vogliono sentir parlare.

Non solo, ma questa Europa con una politica estera patchwork, ossia a macchia di leopardo, non impegna nemmeno la Germania a comportamenti stringenti. Che la obbligherebbero a sacrificare l’economia nazionale contro principi di politica estera propri dei paesi democratici, quali ad esempio, il rispetto dei diritti umani con la vicina Russia o con il partner economico Cina.

Con le nuove elezioni, in Germania non cambia nulla

Quindi chi vince vince, non cambia nulla. Alleanze? Personalmente credo che SPD cercherà sponda con i Verdi, dialogherà con i liberali, ma poi forse tornerà alla Gross Coalition per superare l’emergenza Covid. Che è una scusa. Per imporre un passo, un ritmo, alla UE. E gli altri ben contenti affiancheranno il nuovo cancelliere. Questo si, un ritorno al passato, perché verrà eletto un socialdemocratico. Il destino UE è quindi confinato nell’alveo della socialdemocrazia.

I politici italiani ci penseranno a tutto ciò? Per esempio fare un debito pubblico europeo, modificare il welfare unificandolo a livello europeo, abbinare la propria politica estera a quella degli altri paesi membri UE, e così via. Ce le abbiamo anche noi le nostre forze politiche europeiste, quindi ci penseranno dopo le prossime elezioni, perché noi italiani votiamo sempre. Sempre.

 

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