George Jacques Danton – L’avvocato di Francia

La morte di Danton, colui che salvò i successi della rivoluzione

danton

È recentemente ricorso il duecento ventisettesimo anniversario dell’assassinio di George Jacques Danton. Un omicidio legale poiché stabilito dal Tribunale rivoluzionario il 5 aprile del 1794. A seguito del solito processo farsa che andava in voga a quei tempi, dove al di là dell’alto profilo difensivo c’era sempre un problema di fondo che viziava la regolarità di tutto il procedimento: la sentenza era stabilita a priori!

Lo diceva nell’incipit del suo celebre discorso lo stesso Danton. Affermava di sapere di essere già condannato a morte, poiché conosceva il tribunale che aveva davanti essendo stato lui ad istituirlo. Per questo chiedeva perdono a Dio ed a gli uomini.

Ma volendo anche specificare che non era nelle sue intenzioni farlo divenire “un flagello per il genere umano bensì un appello l’ultima disperata risorsa contro la sfrenata, cieca follia di uomini disperati e gonfi di rabbia”. Lui non voleva salvare la sua vita, cosa impossibile in quel momento, ma difendere quello che la rivoluzione aveva costruito.

Soprattutto non ammetteva che la storia potesse in futuro giudicare i rivoluzionari peggiori degli uomini da loro messi da parte.

Saliva sul patibolo insieme ad un suo caro amico, paradossalmente molto legato anche al Maximilian Robespierre, un grande opinionista della rivoluzione, un oratore balbuziente di nome Camille Desmoulins.

Il terrore giacobino tramite il comitato di salute pubblica ed il tribunale rivoluzionario. Emetteva sentenze degne di quei tribunali che mandavano a morte grandi uomini e filosofi della Grecia antica con accuse quali empietà o corruzione dei giovani. Anche i giudici della rivoluzione più illuminata si trasformarono in assassini di stato in quel caso.

Il terrore usato come strumento di repressione

Il terrore diventa uno strumento di repressione politica quotidiano. Tramite le sentenze voleva giustificare il massacro di chiunque si discostasse anche lievemente dall’ideologia rivoluzionaria. In realtà lo scopo era solo consentire al gruppo dirigente radicale dei Robespierre, dei Saint Just di preservare il potere.

E lì Danton ascese all’olimpo dei grandi della storia. In un discorso magistrale ricordò che, pur vivendo il periodo terribile del terrore al quale aveva inizialmente contribuito, la rivoluzione era altro. Un faro acceso per condurre l’umanità verso un orizzonte luminoso.

Prima di consegnarsi al boia lasciò alla storia un affresco di quali ideali fossero realmente alla base della rivoluzione e che uomini fossero davvero i rivoluzionari.

“Noi abbiamo spezzato la tirannia del privilegio, abbiamo posto fine ad antiche ingiustizie. Cancellato titoli e poteri ai quali nessun uomo aveva diritto. Abbiamo posto fine alle assegnazioni per censo e per nascita delle più alte, prestigiose e ambite cariche dello Stato, della Chiesa, dell’Esercito e in ogni singolo distretto tributario di questo nostro grande corpo politico: lo Stato di Francia. Ed abbiamo dichiarato che su questa terra il più umile tra gli uomini è uguale al più illustre. La libertà che noi abbiamo conquistato, l’abbiamo data a chi era schiavo e la lasciamo al mondo in eredità affinché moltiplichi e alimenti le speranze che abbiamo generato. Questo è più di una grande vittoria in battaglia, più di tutte le spade, dei cannoni e di tutti i reggimenti di cavalleria d’Europa. È un’ispirazione per il sogno comune a tutti gli uomini di qualsiasi paese…una fame di libertà che non potrà più essere ignorata… le nostre vite non sono state sprecate al suo servizio”.

 

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