Generazione Robinson. Siamo i meno razzisti, ma i più processati

L a generazione meno razzista della storia, la più processata nella storia

Occidente

La questione della colpa dell’Occidente, è uno stereotipo culturale. Uno danno del ‘68: la questione della colpa dei bianchi.

Lo schiavismo colpa nostra, il colonialismo colpa nostra, l’imperialismo colpa nostra, il razzismo colpa nostra. Tutti prodotti della civiltà occidentale. La civiltà bianca occidentale che fondamentalmente neanche esiste. Sarebbe come dire che esiste una civiltà gialla asiatica.

Uomini bianchi, gialli, neri, amerindi non si fondono in un’unica civiltà. In un bellissimo libro di Huntington, Lo Scontro delle Civiltà, è stato evidenziato come le civiltà esistano in base a delle culture, non al sangue o alle razze. Vogliamo vedere un mondo eurocentrico che in realtà non è mai esistito. Grandi imperi ci sono stati in gran parte del mondo. Sicuramente avevano colonie.

Ma non avevano colonie o territori occupati, anche i grandi imperi asiatici? Non era in uso presso le popolazioni africane la schiavitù? Non erano arabi i più grandi mercanti degli schiavi che andavano nelle Americhe?

I bianchi neppure erano uniti non sono mai stati. Ci sono stati nella storia d’Europa in guerra costante tra loro.

Come non esiste un unità dei neri

Voler vedere il mondo sempre solo in funzione delle razza è il retaggio che i figli del ‘68 hanno addosso. Peggio di un marchio.

Il retaggio di un’epoca passata in cui loro stessi si vergognano della loro appartenenza culturale, ma dividono tuttora per un difetto atavico di ragionamento gli uomini in razze.

L’imperialismo era nei popoli africani.

Un grandissimo strutturato Impero era quello Etiope. È pienamente realistico e corretto per gli etiopi parlare di occupazione italiana e noi di colonialismo italiano. Rispetto alla loro grande millenaria storia il periodo di occupazione italiana non è altro che un trascurabile quinquennio.

“Studiare la storia etiope serve a vaccinarci dal vizio che perseguita noi occidentali: quello di credere che siamo L’ombelico del mondo. Ovverosia, nella versione politically correct. Dogma per cui ogni sofferenza disumanità contemporanea si deve ricondurre alle colpe dell’Occidente, dell’uomo bianco. Basta scavare bene, Basta seguire le piste giuste, risolvere le dietrologie adeguate, e alla fine andiamo sempre noi, il nostro colonialismo, il nostro imperialismo, il nostro capitalismo punto solo espiare le nostre colpe può appagare una sinistra che non apre mai i libri di storia.

L’imperialismo africano

“L’Etiopia la fiera dei suoi libri di storia, che raccontano una vicenda un po’ diversa dei luoghi comuni e dagli stereotipi superficiali. E ci ricordano che è esistito un imperialismo africano: aggressivo, prepotente, predatore, molto prima che si affacciasse quello bianco. Le tensioni etniche che attraversano le varie componenti della popolazione etiope non le abbiamo fabbricate noi. È da 2000 anni che re e imperatori autoctoni sfruttano i popoli vinti. Lo schiavismo lo praticano da sempre anche: anche quello non è un orrore dell’uomo bianco.

“Il commercio degli schiavi è più antico di quello dell’oro, dell’incenso e della mirra, in tutta l’Africa. È sempre stato un sottoprodotto delle guerre di conquista tra potenze locali. Ne divennero grandi intermediari esterni e arabi, specialisti nella tratta degli schiavi su lunghe distanze, anche intercontinentali. Naturalmente fece un salto di dimensioni quando incrocio la conquista delle Americhe da parte dei bianchi, e la manodopera africana in servitù servizi il business delle piantagioni di cotone, tabacco, canna da zucchero del nuovo mondo. Ma non c’è nulla che l’occidente abbia inventato in questo campo: Se non l’abolizionismo.” Scrive saggiamente Rampini.

L’Occidente è spesso vittima

Non tutto quello che è violenza, oppressione, imperialismo viene dall’occidente bianco e cristiano.  Anzi l’Occidente ne è stato spesso vittima. Non capisco come si possa arrivare a giustificare il risarcimento dei discendenti dei moriscos, i mori, gli arabi invasori della Spagna.

Gli arabi avevano invaso la Spagna e la Sicilia. Il colore della loro pelle o la missione di portare la loro fede nel mondo li giustificava a farlo? Allora a questo punto si sarebbero dovuti anche risarcire i discendenti degli europei cacciati dalle loro colonie.

Anche gli italiani che venivano cacciati dalla Libia si dovevano risarcire, anche i figli dei giapponesi perché i loro padri erano stati cacciati dalla Manciuria.

Seguendo coerentemente questo ragionamento, si dovrebbero premiare i discendenti di ogni invasore, con onorificenze e medaglie. Invece un becero antioccidentalismo nemico della civiltà giudaico cristiana, ignorante, nutrito di pregiudizio ideologico ritiene vittime solo i discendenti di alcuni invasori non di tutti.

La mia generazione non può essere razzista

Io sono del 1981. Non siamo una generazione razzista, non potremmo esserlo.
La mia è una generazione cresciuta guardando in televisione i Robinson , I Jefferson, il mio amico Arnold. Tutte serie televisive popolarissime e con protagonisti attori di colore.

Paradossalmente eravamo noi a non dividere il mondo in razze: lo dividevamo eventualmente in culture.

Cliff Robinson alias Bill Cosby, era un americano, certamente orgoglioso delle origini afroamericane; ma si sentiva uno statunitense. Aveva la stessa identica cultura nazionale che ha un Trump. Lui e Donald Trump possono avere idee politiche differenti. Ma ambedue si sentono figli dell’America. Non vorrebbero mai una patria diversa da quella che hanno.

Il Dottor Robinson era culturalmente un occidentale, il padre della sua patria lo riscontrava in George Washington, la sua bandiera era quella a stelle e strisce.

Il problema è dove si vuole paragonare la situazione degli afroamericani alle attuali migrazioni. Gli afroamericani sono stati imbevuti da sempre di cultura americana, hanno praticato sempre a grande maggioranza la stessa religione dei bianchi americani. Non hanno preservato una cultura forte dei luoghi d’origine. Tutto il contrario delle migrazioni attuali dove l’appartenenza culturale spesso rimane quella prevalente.

L’America non è stato per secoli un paese multiculturale. È stato un paese per la propria cultura, con una serie di religioni , e dunque una grande libertà di religione, nell’ambito prevalentemente della cristianità, ma sostanzialmente le radici giudaico-cristiane sono vive per gli americani.

Ormai l’americano non è più da secoli il White Anglo Saxon and Protestant. Ma altre religioni cristiane una grande vitalità agli Stati Uniti.

Praticamente da noi arrivano gruppi etnici compatti che non si assimilano culturalmente arrivando ad identificarsi quasi unicamente con il paese d’accoglienza. Molto differente dagli immigrati che fecero l’America e si sentono solo americani.

 

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