Frodi fiscali, il tesoretto che servirebbe ma nessuno vuole recuperare

Oltre 30 miliardi di IVA intracomunitaria frodati solo in Italia e la mafie ringraziano

Frodi IVA per più di 130 miliardi in tutta Europa, ma l’UE dorme. Eppure basterebbe poco per recuperarli

Ci sono 130 miliardi di euro di IVA che ogni anni vengono sottratti alle casse degli Stati che formano l’UE. Miliardi che in questo momento sarebbero ossigeno per le moribonde economie europee. Che basterebbe poco per riportarli nell’alveo della legalità. E che, invece, finiscono in mano alla criminalità organizzata. Stiamo parlando delle frodi IVA intracomunitarie, un fenomeno ormai pluridecennale, che sarebbe giunta l’ora di estirpare con un intervento radicale. Ma prima di parlarne vediamo di cosa si tratta.


IVA NAZIONALE E IVA INTRACOMUNITARIA

Quando un’impresa italiana acquista qualcosa da un’altra impresa italiana paga al venditore il prezzo comprensivo di IVA. Il venditore, poi, verserà l’IVA all’Erario. Se, però, l’impresa italiana acquista da un’impresa avente sede in altro Stato dell’UE il meccanismo cambia. L’impresa italiana pagherà il prezzo senza IVA e poi dovrà versarla lei allo Stato italiano. E qui il meccanismo si inceppa.


LA FRODE IVA INTRACOMUNITARIA

Si inceppa perché chi vuole frodare lo Stato invece di acquistare direttamente dall’estero costituisce delle società fantasma (tecnicamente dette “interposte”). Tali società acquistano la merce dall’estero, simulano diverse cessioni tra loro (il cosiddetto “carosello”) e, alla fine, rivendono al reale acquirente. Una volta ceduta la merce al reale acquirente scompaiono, non versando un solo euro di IVA dovuta. L’IVA che non viene versata finisce nelle tasche dell’organizzatore della frode che, di solito, è l’unico vero imprenditore di tutta la catena di società fantasma.


COME FERMARE LE FRODI

Fermare le frodi sarebbe semplicissimo. Ovvero introdurre lo stesso sistema di tassazione dell’IVA delle cessioni interne. Cioè dovrebbe essere il venditore a mettere l’imposta in fattura anziché attendere che fosse il venditore a versarla. Sembra semplicissimo, ma non lo è. Pensiamo solo che l’attuale IVA intracomunitaria esiste dal 1993, ma ancora non si è trovato un accordo per trasformare il meccanismo. Il motivo è presto detto, una volta riscossa l’IVA lo Stato del venditore dovrebbe versarla allo Stato dell’acquirente, ma gli Stati europei non di fidano tra di loro, temono ritardi e omissioni nei trasferimenti, e allora preferiscono incassarla direttamente. Decurtata di miliardi dai frodatori. Questa mancanza di fiducia, a cui abbiamo assistito anche nei mesi recenti, la dice lunga sull’Unione Europea. Una UE che assomiglia sempre di più al classico matrimonio di interesse che entra subito in crisi all’insorgere dei primi problemi.


LE PROPOSTE DELL’UE

A livello europeo pare che qualcosa si sia mosso. Con la Commissione Europea che ha presentato nel maggio 2019 un documento che avrebbe l’obiettivo di invertire il sistema. Cioè di introdurne uno di tassazione all’origine degli scambi intracomunitari tra soggetti passivi (i cosiddetti scambi B2B, Business to Business). Un sistema che andrebbe a sostituire quello attuale, provvisorio dal lontano 1993, di tassazione a destinazione che abbiamo descritto sopra. In realtà il documento è solo una proposta di modifica di una Direttiva e che, se approvata, entrerebbe in vigore non prima del 2022. E anche se venisse approvata, per stessa ammissione della Commissione, non annullerebbe le frodi ma le ridurrebbe di circa l’80%. Una previsione, peraltro, a dir poco ottimistica.


LE CIFRE DEL FENOMENO

Le cifre ufficiali più recenti sono quelle relative al 2017 fornite dalla Commissione Europea. Si parla di un totale di 137 miliardi di IVA frodata, di cui ben 33,5 in Italia. Praticamente in un solo anno di recupero dei miliardi frodati si otterrebbero maggiori incassi che andrebbero a coprire la cifra (36 miliardi) che dovrebbe essere presa dal MES per le spese sanitarie. Trenta miliardi l’anno sono, di fatto, la metà della spesa per interessi sul debito pubblico sostenuta dal nostro Stato. E ciò che rende il tutto più paradossale è che, non solo non vengo incassati questi fondi, ma vanno ad arricchire e potenziale le mafie.


LA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA SI IMPOSSESSA DI INTERI MERCATI

Così, oltre al danno (all’Erario) pure la beffa (alla concorrenza). Il perché è presto detto, certi tipi di frodi possono essere architettati solo da chi ha un’organizzazione e capitali adeguati. Ovvero la criminalità organizzata. La quale, in questo modo, non pagando tributi e arricchendosi alle spalle dello Stato, riesce a sbaragliare la concorrenza su interi mercati. Diventando così sempre più potente. Un vero circolo virtuoso – o vizioso a seconda del lato da cui si guarda – che costituisce sempre più un pericolo per l’intera economia nazionale.


COSA FARE?

A livello nazionale si può fare ben poco e quel poco viene già fatto bene dall’Amministrazione finanziaria che fa di tutto per contrastare certi fenomeni illeciti. Il problema è nel meccanismo dell’imposta stessa. E siccome l’IVA è un tributo europeo spetta all’UE decidersi a modificarlo. Quanti decenni ancora dovremo aspettare?

 

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