Equazione populista: 1 = 1 e Diop = Di Maio

Equazione populista: 1 = 1 e Diop = Di Maio

Vedremo, ma questa nomina conferma certamente il modus operandi dei populisti e la teoria del “1 = 1”, che per loro è un vero e proprio dogma. A quanto pare anche i partiti di opposizione sembrano ormai adeguarsi: Cinquestelle = PD.Un tempo, non molto tempo fa, il Partito Democratico si distingueva per la preparazione e la qualità dei propri rappresentanti.

Oggi, invece, il PD di Elly Schlein sembra aver accantonato, almeno per ora, il merito e le competenze come criteri centrali.In questo contesto, la nomina di Mia Bintou Diop a vicepresidente della Regione Toscana suona per molti come una replica giovane e “social” di quella politica populista che in Italia ha già trovato in passato un modello in Luigi Di Maio, un messaggio di rinnovamento che, è rapidamente svanito con i consensi del movimento che lo aveva proposto passato dal 30% di consensi a percentuali molto inferiori e adesso un caduta libera

Un modello che svela una logica in cui il curriculum conta meno dell’immagine. I Cinquestelle, un tempo dogmatici sull’“uno vale uno”, sembrano oggi essersi arresi ricreduti anche se non di molto.a un modello non molto. La neo vicepresidente della Toscana ha dichiarato di ispirarsi liberamente all’esempio di Enrico Berlinguer, e glielo auguriamo sinceramente sperando che non finisca per essere una meteora politica .

Berlinguer è stato uno statista raro per il suo tempo, costruiva dialogo, non cedeva alle provocazioni; faceva del rispetto delle regole e della legalità un pilastro, e della lotta al terrorismo – nazionale e internazionale – una battaglia centrale. Con Berlinguer, la politica era responsabilità, istituzione e visione

Non solo rappresentanza simbolica.
Al suo funerale fu pianto anche dagli avversari, che gli riconobbero queste qualità. E mai si sarebbe sognato di etichettare come “fascista” o di comportarsi come tale, impedendo di parlare a chi semplicemente non la pensava come lui – come accaduto, ad esempio, all’onorevole Fiano non molto tempo fa. Ma meglio non divagare.
Nel caso di Diop, il suo profilo molto giovane e il suo impegno nel PD guidato da Schlein sono indubbi.

Tuttavia, dal suo curriculum vitae non emerge molto di più

In rete, invece, si trovano tracce del suo pensiero su temi geopolitici delicati, che appaiono in parte dissonanti con la linea del “dialogo” tanto cara a Berlinguer. Nel 2023, ad esempio, Diop pubblicò su Instagram la frase “Sempre dalla stessa parte”, accompagnata da bandiere palestinesi e dalla scritta “Antifascismo-antisionismo”.

Il post provocò malumori nel PD, poiché in un primo momento mancava una condanna esplicita dell’attacco di Hamas. In una successiva dichiarazione, Diop spiegò che si riferiva alla manifestazione per la liberazione di Khaled El Qaisi, un italo-palestinese detenuto, e precisò di “condannare con sdegno, senza se e senza ma, l’attacco terroristico di Hamas”.

Parole che, però, non bastarono a placare le critiche: secondo alcuni, il suo “stare dalla stessa parte” suonava più come un’affermazione ideologica che come un appello alla pace o a un impegno istituzionale equilibrato

Il fatto che oggi Diop assuma la delega a legalità, cooperazione internazionale e pace rende questa tensione tra simbolismo e sostanza ancora più evidente.In un periodo storico in cui il populismo e il richiamo all’identità sembrano prevalere, la nomina di Diop non è solo una scommessa sul nuovo, ma anche un test su quanto la politica italiana sia davvero pronta a tradurre l’immagine in competenza.

La designazione di Diop a vicepresidente della Regione Toscana – come racconta Repubblica – ha colpito molti per il suo valore simbolico: 23 anni, studentessa universitaria, seconda generazione, attivista.

È innegabile che rappresenti una novità importante per il Partito Democratico toscano e per tutta la politica regionale

Ma il sospetto diffuso è che proprio questo sia stato il motivo principale della sua nomina.Questa scelta solleva questioni legittime che vanno ben oltre la polemica sul “volto giovane”: si tratta di un incarico delicato e strategico per la Regione, che impone una riflessione seria su cosa significhino oggi competenza, rappresentanza e merito.

A meno che non si ritenga che tali ruoli abbiano un impatto limitato, il che spingerebbe a interrogarsi sulla loro effettiva utilità e sui relativi costi.

Nel suo articolo, Repubblica descrive Diop come “il volto nuovo del PD” e “una scossa” per la giunta.

Ma accanto all’entusiasmo per il suo profilo generazionale e progressista emerge un dubbio: il suo curriculum, pur interessante, è di natura prevalentemente politica, fatto di militanza e attivismo (consigliera comunale a Livorno, impegno nei Giovani Democratici, lavoro negli uffici regionali). Non presenta – almeno per ora – un’esperienza amministrativa o tecnica di rilievo

Questo mette in luce il nodo fondamentale: una nomina politica non può essere solo simbolica. Le cariche più importanti di una giunta richiedono una responsabilità che vada oltre l’appartenenza generazionale o identitaria. Chi governa deve sapere, non solo rappresentare.Non sorprende, dunque, che i critici – anche da posizioni opposte – parlino di una “nomina effettuata per ragioni propagandistiche”. Il timore è che il messaggio implicito sia: chiunque, anche senza un percorso solido, può raggiungere posizioni di potere grazie alla visibilità o ai legami politici.

È una deriva pericolosa, che svaluta la meritocrazia e rafforza la logica per cui l’appartenenza (ideologica, identitaria o generazionale) conta più della preparazione reale

Auguro a Mia Diop di crescere nel suo ruolo e di dimostrare che può essere molto più di un simbolo. Ma sarebbe un grave errore se il messaggio diventasse “possiamo nominare chiunque”.

Questo sì, sarebbe un rischio per la democrazia rappresentativa

La vera responsabilità, del resto, non è solo di chi nomina, ma anche di chi accetta l’incarico.

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