Elly Schlein alla prova di forza: dire no a chi crede di contare più di quanto pesa

Elly Schlein alla prova di forza: dire no a chi crede di contare più di quanto pesa

L’annuncio di Eugenio Giani di volersi ricandidare alla guida della Regione Toscana non è il gesto di un leader sicuro della propria forza.

È, al contrario, l’iniziativa di un uomo politicamente indebolito che cerca di blindare la propria posizione prima che gli venga tolta da sotto i piedi. Un atto di resistenza più che di autorità, che costringe Elly Schlein a una reazione netta.

Perché la segretaria del Partito Democratico, oggi, non può permettersi di cedere

Per quanto simbolica e storicamente centrale, la Toscana ha un peso numerico limitato a livello nazionale. Difficilmente negli Stati Uniti un governatore dell’Arkansas sfiderebbe apertamente il presidente del proprio partito. Ma in Italia, e in particolare nel PD, le dinamiche sono diverse. La sfida di Giani, se non arginata, rischia di trasformarsi in un precedente pericoloso: se passa il principio che i governatori uscenti possano auto-ricandidarsi a prescindere dalla linea politica nazionale, la segreteria perde controllo, e con essa ogni possibilità di rinnovamento reale.

Il paradosso è che a invocare oggi le “regole della democrazia interna” sono gli stessi che, quando le regole non facevano comodo, le hanno platealmente ignorate. Il caso fiorentino di Cecilia Del Re lo dimostra

Allora fu esclusa da una competizione interna che probabilmente avrebbe vinto, e lo fu senza che nessuno degli attuali “moderati” del PD alzasse la voce. Le primarie vennero disattivate con un colpo di mano, senza troppi scrupoli. Eppure oggi gli stessi protagonisti parlano di trasparenza, di metodo, di rispetto delle regole. È un ribaltamento narrativo che lascia perplessi.

Se Eugenio Giani riteneva sacro il principio delle primarie, perché non lo ha difeso nel momento in cui veniva calpestato proprio nel capoluogo della sua Regione?

Perché allora il silenzio, oggi l’indignazione? Il problema, nel Partito Democratico, non è tanto la mancanza di regole, ma la loro applicazione intermittente. Le primarie vanno bene se rafforzano i rapporti di forza esistenti, altrimenti si eliminano. È una coerenza a geometria variabile, che mina alla base ogni credibilità.

A questo punto non si può avere solidarietà per i piagnoni della “democrazia del partito” che si definisce Democratico solo nel nome. Quando Cecilia Del Re fu messa da parte come candidata sindaca a Firenze, chiese con forza primarie che probabilmente avrebbe vinto. In quel caso, tutto il Partito Democratico si è mobilitato per escluderla con un colpo di mano, disattivando proprio quella regola — le primarie — che oggi viene evocata come sacra e inviolabile.

Dove erano allora i “democratici” moderati? Dov’era Eugenio Giani, che oggi invoca trasparenza e rispetto delle regole?

Se le primarie negate a lui sono una lesione insopportabile della democrazia interna, quelle negate a Cecilia Del Re andavano bene? Il doppio standard è evidente, e chi lo pratica dovrebbe risparmiarci le lacrime da prefica della democrazia offesa.

Elly Schlein è chiamata ora a una scelta difficile ma necessaria. Da una parte deve costruire una maggioranza interna solida, fatta di dirigenti e parlamentari realmente legati alla sua linea politica. Dall’altra, deve provare a mantenere in piedi l’idea di un campo largo, già messo a dura prova dalle tensioni con Giuseppe Conte e il Movimento 5 Stelle. Ma non può farlo restando ostaggio della minoranza interna che oggi tenta di dettare condizioni.

Una leadership, per essere tale, deve saper usare la spada

E questo è uno di quei momenti in cui il potere va esercitato, non solo rivendicato. Se cederà su Giani, Schlein manderà un segnale di debolezza destinato a pesare su tutto il futuro della sua segreteria. I riformisti interni ne approfitteranno, e gli alleati esterni — a partire proprio da Conte — inizieranno a trattarla come una guida debole, condizionabile, priva di autorità.

Paradossalmente, è lo stesso Giani a imporle questa prova. Ed è proprio nella gestione di questo passaggio che si misurerà la capacità di Elly Schlein di trasformarsi da figura di rottura a leader di governo del suo partito. La Toscana non è solo una sfida locale: è l’ennesimo bivio esistenziale per un partito che da anni cerca sé stesso senza mai davvero trovarsi.

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