ECCO IL REDDITO DI CITTADINANZA REGIONALE
LA TOSCANA 2026 SEMPRE PIÙ SIMILE ALL’ARGENTINA DEL 2023.
Il bilancio regionale della Toscana per il 2026 potrebbe essere sintetizzato così: tanta spesa, pochissima strategia. La nuova manovra da 12,9 miliardi continua a distribuire risorse come se la Regione fosse un bancomat senza limite, mentre i problemi strutturali restano lì, intatti, sedimentati negli stessi cassetti che da anni nessuno ha il coraggio di aprire. A fare scattare l’allarme non è solo il ritorno di misure assistenziali, su tutte il celebre “reddito di inserimento” da 23 milioni, una versione locale e nostalgica del reddito di cittadinanza, ma il quadro complessivo: tanta generosità, zero risanamento.
A sottolinearlo con chiarezza è stato Alessandro Tomasi, candidato del centrodestra alle ultime regionali, che non ha usato mezzi termini. «L’aumento dell’addizionale IRPEF è la prova del fallimento dei conti della sanità toscana», ha denunciato, aggiungendo che la Regione non è riuscita «a intervenire su centinaia di sprechi trasformabili in servizi reali»
E non è finita: Tomasi ha ricordato l’esistenza di 44.000 posti di lavoro vacanti in Toscana che le imprese non riescono a coprire, sottolineando come il vero benessere derivi dall’occupazione produttiva, non da indennità temporanee che non generano crescita. Parole dirette, che fotografano una realtà evidente: la Toscana spende miliardi senza aver mai affrontato la madre di tutte le questioni, ovvero l’inefficienza strutturale.
Qui arriva spontaneo il parallelo con il modello peronista argentino. Là, come qui, la politica ha costruito consenso regalando assistenza, bonus, diritti di cittadinanza economica e uno Stato onnipresente che prometteva una mano a tutti. Poi, però, è arrivato il conto: debiti fuori controllo, inflazione, collasso dei servizi
E a quel punto non è rimasta che la “cura drastica”, affidata a Javier Milei, una figura arrivata proprio perché la politica precedente aveva svuotato le casse pubbliche in nome della spesa facile. La Toscana, pur ovviamente in un contesto completamente diverso, sembra aver imboccato la stessa strada culturale: si distribuiscono risorse pensando all’immediato, non al domani.
Eppure un’alternativa c’è. Basterebbe avere il coraggio di fare ciò che ogni famiglia italiana fa quando i conti non tornano: tagliare sprechi, riorganizzare, stabilire priorità
Una simulazione realistica mostra che la Regione potrebbe recuperare tra i 500 e i 750 milioni semplicemente mettendo ordine. Come? Riducendo la giungla dirigenziale nella sanità, digitalizzando processi amministrativi, accorpando enti partecipati, cancellando micro-bandi che costano più di quanto producono, e rinviando opere dal sapore elettorale. Mettendo insieme queste voci, il tesoretto emergerebbe subito.
A quel punto — ed è qui che il modello “Milei europeo” entrerebbe davvero in scena — si potrebbero ridurre le tasse regionali, aiutare le imprese ad assumere, investire su servizi essenziali come pronto soccorso e liste d’attesa, e perfino accantonare un fondo anti-debito per evitare futuri dissesti. Sarebbe un bilancio più snello, più credibile, più libero dall’idea che ogni problema si risolva spargendo denaro pubblico
Una Toscana produttiva invece che assistita, che sceglie il merito al posto del sussidio permanente, e la responsabilità al posto della spesa a pioggia.
Invece, con questo bilancio, si è preferito restare fedeli a una tradizione tutta politica — non economica — fatta di redistribuzione immediata e di grandi annunci, come se bastasse regalare oggi per dimenticare cosa accadrà domani.
Ma i bilanci, a differenza delle promesse, non perdonano
E se la Regione continuerà ad avvicinarsi al modello argentino di ieri, prima o poi rischierà di ritrovarsi anche lei alla ricerca di un “Milei toscano” disposto a fare ciò che la politica non ha mai voluto fare: dire qualche no, tagliare ciò che non serve, e finalmente mettere i conti in ordine.
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