Eccessi rivoluzionari. Il male della rivoluzione francese

Anche la gloriosa rivoluzione ebbe le sue pagine oscure

Come è nobile la rivoluzione. Come son belle le rivoluzioni democratiche degli ultimi due secoli. E la principessa di tutte è quella che toccò l’incantata terra di Francia, terra che ha dato i natali a parte del mio stesso sangue. Terra dove magicamente la ricerca di uguaglianza, libertà, giustizia sociale hanno portato il sovvertimento dell’ancien régime. E terra che ha eletto una assemblea che non rispondeva ad altro principio se non la propria stessa volontà. Che non trovava freni concentrando in se stessa tutto il potere del mondo.

Senza una predefinita morale, senza confine o vincolo all’azione degli eletti. E che divenne, ed ancora oggi è simbolo di come una assemblea che accentri in sé ogni potere è più pericolosa, ipoteticamente dispotica ed in linea di principio più crudele del peggiore dei tiranni.

Mirabeau lo aveva previsto e voleva mantenere il potere tra il voto dell’assemblea ed il regio assenso. Inizialmente onorato e tumulato con grandi onori, vedrà poi le sue spoglie mortali profanate e gettate nelle fogne. Non ebbero i rivoltosi nemmeno limite di rispettare la morte. Ma della morte, e in specie di quella violenta, fu fervente sostenitrice questa assemblea. Ed essa stessa finì per divorare chi ne aveva limitato, con una disastrosa, ma magari inconsapevole scelta il potere.

La ghigliottina

Camille Desmoulins vivace ideologo della rivoluzione veniva consegnato insieme all’amata sposa al boia. Ed insieme ad esso cadeva la testa di Jacques Danton che di fronte al democratico tribunale creato dai rivoluzionari, che molto più della regia giustizia precedente, mieteva vittime nel popolo francese sconsolato ammetteva: “so che siamo condannati a morte, conosco questo tribunale, sono stato io a crearlo e chiedo perdono a Dio ed agli uomini… non era nelle intenzioni che divenisse un flagello per il genere umano, bensì un appello, un’ultima disperata risorsa per uomini disperati e gonfi di rabbia”. Ben triste esito per chi ambiva alla libertà e trovò nella rivoluzione la vera tirannide.

Ma se la ghigliottina della rivoluzione non fu la fine di Jean-Paul Marat, non fu l’aver mandato tanta infinita povera gente a causare il suo assassinio? La mano della sua giustiziera Charlotte Corday non venne armata dalla rabbia nel vedere che mondo stavano costruendo i rivoluzionari. Con un ideale di uguaglianza, libertà e fraternità che si concretizzava nell’uccidere chi dissentiva dalla volontà dei governanti?

Lo stesso La Fayette, condottiero dei primi rivoluzionari, si salvò dal terrore giacobino solo scegliendo la via dell’esilio. Ma infinito sarebbe l’esercito di piccoli e dimenticati uomini mandati a morte dallo sfrenato fanatismo delle volontà distruttrice di quella rivoluzione che aveva cancellato un odiato regime di privilegi per sostituirvi un terrore assoluto.

Il pensiero di Robespierre

Eppure Robespierre si era pronunciato pubblicamente: “che le leggi presentino sempre ai popoli il modello più puro della giustizia e della ragione. Se, al posto della severità potente, della calma moderata che deve caratterizzarle, esse mettono la collera e la vendetta. Se esse fanno colare del sangue umano che possono risparmiare e che non hanno diritto di spargere; e se esse espongono agli occhi del popolo scene crudeli e cadaveri martoriati dalle torture, allora alterano nel cuore dei cittadini le idee del giusto e dell’ingiusto.

Allora fanno germogliare nel seno della società dei pregiudizi feroci che alla loro volta ne producono degli altri. L’uomo non è più per l’uomo un oggetto altamente sacro. Si ha una idea meno grande della sua dignità, quando l’autorità pubblica si ride della vita umana. L’idea dell’assassinio ispira meno spavento, quando la legge stessa ne dà l’esempio e lo spettacolo. L’orrore del delitto scema, poiché lo si punisce con un altro delitto.

Guardatevi bene dal confondere l’efficacia delle pene con l’eccesso della severità; l’una è assolutamente l’opposta dell’altro. Tutto asseconda le leggi moderate, tutto cospira contro le leggi crudeli.

Si è osservato che nei paesi liberi i delitti erano più rari, perché le leggi penali eran più dolci. I paesi liberi sono quelli nei quali i diritti dell’uomo sono rispettati, e dove di conseguenza le leggi sono giuste. Dappertutto dove esse offendono l’umanità con un eccesso di rigore, si ha la prova che la dignità dell’uomo non è conosciuta, che quella del cittadino non esiste. Si ha la prova che il legislatore non è che un padrone che comanda a degli schiavi, e che li colpisce spietatamente seguendo la sua fantasia. Io concludo perché la pena di morte sia abrogata”.

Predicava bene, ma razzolava male. Ha sparso sangue sulla rivoluzione francese

Chi mai saprà se mentre mandava a morire tanta gente istaurando il terrore avrà avuto modo di pensare alle proprie stesse parole. Oppure se tale vibrante discorso sarà stato nelle menti sua e del radicalissimo Saint-Just quando la ghigliottina tagliò le stesse teste che avevano ingegnato il fanatismo e la foga di una assemblea priva di ogni vincolo, di ogni superiore principio, di ogni limite.

Allora forse sarà stato chiaro quanto una assemblea, privata totalmente di un referente diretto e responsabile e di un freno al proprio comando, sia peggior tiranno del peggiore degli autocrati.

 

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