È avvenuto, quindi può accadere ancora

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È avvenuto, quindi può accadere ancora

Con queste parole, Primo Levi ci metteva in guardia sul fatto che un’altra Shoah avrebbe potuto abbattersi ancora sul popolo ebraico. Sono passati quasi ottant’anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, e oggi più che mai ci rendiamo conto di quanto il chimico torinese avesse ragione.

L’antisemitismo non si è mai sopito, questo è un dato di fatto

Nonostante il diffuso stracciarsi di vesti in occasione della Giornata della Memoria, basta aguzzare lo sguardo per rendersi conto che è tutta ipocrisia.
E il nuovo conflitto scoppiato in Medio Oriente ne è un esempio lampante.
I documentari, con le testimonianze dei sopravvissuti della Shoah, ce lo hanno detto. I film come Schindler’s List ce lo hanno fatto vedere in versione fiction. I terroristi di Hamas ce lo hanno mostrato sul serio. Nessuno, o quasi, può rimanere indifferente di fronte alle immagini che scorrono sul web o in tv. I lettini insanguinati dei bambini, le stanze delle case a soqquadro, i cadaveri sparsi in giro.

L’onestà intellettuale – per chi ancora ce l’ha – impone di ravvedere negli attacchi terroristici dei kibbuzim lungo i confini con Gaza la medesima sostanza

Sono stati rastrellamenti sul modello nazista, e questo è un fatto, non c’è spazio per le opinioni personali.
E così, ci viene ancora in mente il nostro Primo Levi, nella tremenda parte di un Tiresia ante litteram: può succedere ancora e sta succedendo.

Solo che i tempi sono cambiati e con essi gli strumenti. Si tratta di modalità che affinano in maniera allarmante le tecniche rudimentali ed empiriche con cui i nazisti hanno dato la caccia agli ebrei, casa per casa. E ciononostante sono andati a colpo sicuro sei milioni di volte.

Si pensi che cosa si potrebbe fare con la genetica, per esempio

È notizia di questi giorni di un sospetto attacco hacker a una compagnia, la californiana 23andMe, specializzata in genomica e biotecnologia. I servizi offerti dall’azienda riguardano anche test genetici e tutto ciò che è annesso a essi. Da qui, il possesso di una banca dati stracolma di test del DNA, con lo scopo di indentificare tratti ereditari e genealogici.

Due giorni dopo il presunto – a detta dell’azienda – attacco, il 4 ottobre, un hacker avrebbe dichiarato di essere in possesso di innumerevoli dati e di essere disposto a venderli.

Sebbene l’azienda abbia categoricamente smentito una violazione della sicurezza, ciò che è trapelato non è tanto la gravità dell’azione in sé, ma i tratti specifici di molti dei dati che sarebbero stati rubati: si tratterebbe infatti di informazioni sensibili relative a ebrei di ascendenza ashkenazita. Per intenderci, gli ebrei ashkenaziti sono coloro che sono originari dell’Europa centro orientale.

Certo, essendo il furto avvenuto tre giorni prima dello scoppio della Guerra delle Spade di Ferro, dal nome attribuito all’operazione attualmente messa in atto dalla IDF (Israel Defense Forces) contro il gruppo terroristico islamista di Hamas, non possiamo di certo affermare che sia collegato a esso. Tuttavia, se mai verrà confermato, l’imponenza della drammaticità del furto potrebbe venire fuori con atroce veemenza.

Soffermiamoci solo un secondo sulla gravità della questione

Se questi dati venissero messi nelle mani di qualcuno che volesse farne un uso terroristico, ci troveremmo di fronte al rischio di un nuovo sterminio dalla precisione chirurgica. Insomma, potremmo davvero avere già davanti migliaia, se non milioni, di morti che camminano.

Ecco perché è necessario sostenere Israele. Ecco perché è fondamentale che Israele si difenda. Ed ecco la ragione per cui tutto il mondo occidentale, liberale e democratico, pur con tutti i suoi difetti, deve sostenere lo stato ebraico, anche attraverso azioni mirate sul proprio territorio. Non solo perché Israele è mondo occidentale e indiscusso enclave europeo in un Medio Oriente, ma perché, come qualcuno ha asserito, “non ricordate gli ebrei morti, se non difendete quelli vivi”.

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