Dugin e Lévy: lo scontro tra titani che delinea due visioni del mondo

Dugin

Ieri, 26 agosto 2020, su Barbadillo è apparso un articolo che riproduce interamente il dialogo tra Aleksandr Dugin e Bernard-Henri Lévy. Si tratta di un estratto del volume “Platonismo politico” (Aga Editrice) il quale mette in luce le differenze tra identitarismo (Dugin) e globalismo (Lévy). Il confronto tra i due intellettuali è avvenuto quasi un anno fa, il 21 settembre 2019, presso l’Istituto Nexus di Amsterdam. Vediamone gli spetti più interessanti.

Il nichilismo

Entrambi i filosofi si pongono in lotta contro la concezione nichilista. Lévy attraverso la modernità politica perché a suo dire “significa democrazia, libertà, uguaglianza tra donne e uomini, laicità”. Dugin mediante il rifiuto dell’interpretazione occidentale dei diritti umani, della libertà e della democrazia liberale. Ambedue, tuttavia, concordano sul fatto che fascismo e nazionalsocialismo siano espressione del nichilismo. A questi Dugin aggiunge anche liberalismo e comunismo.

La globalizzazione

Secondo Lévy esiste una globalizzazione “cattiva” improntata all’uniformazione del mondo. A questa se ne contrappone un’altra. “La globalizzazione, come molti pensatori occidentali la concepiscono e, almeno, come io stesso la concepisco, non significa uniformità, ma apertura all’altro, ponti tra civiltà, un nesso tra culture, l’importazione ed esportazione di parole, teoremi, e così via. Anche questo può voler dire globalizzazione.” Dugin, invece, non risulta essere concorde con la suddetta prospettiva. “Se fosse come lei ha detto, non avremmo nulla contro di esso. Se ci fosse un dialogo, a cui tutti partecipano – cristiani, musulmani, cinesi – difendendo il proprio insieme di valori, se la globalizzazione fosse un dialogo aperto e giusto e realmente democratico per trovare il meglio in tutte queste civiltà, nessuno vi si opporrebbe, credo. Almeno io non mi opporrei. Ma oggi essa rappresenta la proiezione da parte dell’Occidente di idee occidentali su ciò che è buono o cattivo imponendole come valori universali. Capitalismo, economia di mercato, ideologia dei diritti umani, libertà individuale, edonismo, tecnocrazia. Tutti questi elementi dell’esperienza storica e sociale occidentale sono proiettati su scala mondiale, e questo si chiama universalismo. E io sono contrario.”

Il ruolo della Russia

“Se guardiamo in tutta onestà alla situazione odierna, il fattore di interferenza, colui che cerca veramente di destabilizzare l’altro non è Trump che destabilizza la Russia, ma Putin che destabilizza l’America e l’Europa. Questi sono i fatti, ed essi sono verificabili. Non c’è partito di estrema destra e neofascista in Europa che non sia per lo meno benedetto o, nella peggiore di casi, finanziato dalla Russia. […]E non ho nemmeno bisogno di nominare l’America, dove è ormai dimostrato che è avvenuto un enorme, brutale ed evidente intervento russo nel processo elettorale delle ultime elezioni”, afferma Lévy. Di tutt’altro parere Dugin. “Da un lato, è stato dimostrato che non c’è stato un intervento a favore di Trump, e c’è stato invece un intervento a favore di Hillary da parte di alcuni oligarchi russi. Lo stesso vale per il finanziamento dei movimenti di estrema destra in Europa.” E ancora. “I fatti – dal latino facere, fare – sono qualcosa che è stato fatto, sono una costruzione. E chi controlla i media, come ha detto Guy Debord, controlla i fatti.

Due visioni del mondo

“C’è una grande lotta in tutto il mondo tra valori liberali e valori illiberali”, afferma Bernard-Henri Lévy. Seppur in maniera molto riduttiva, questa dichiarazione rappresenta la sintesi della contrapposizione della forma mentis dei due titani. Da un lato, abbiamo il pieno sostegno alla società aperta ed ai cosiddetti valori occidentali. Dall’altro, il tentativo di riportare in auge identità e tradizioni al fine di combattere il declino società moderna. Si tratta, pertanto, di due visioni del mondo che caratterizzeranno sempre più marcatamente l’attuale scontro di civiltà.

 

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